Pecorino Romano: il prezzo sale. Oilos, se ci sei batti un colpo

Un’immagine storica del pastoralismo sardo, divulgata dal Comune di Ollollai in occasione del conferimento del titolo di Patrimonio Intangibile dell’Umanità dell’Unesco

Il prezzo del Pecorino Romano riprende a salire, e puntualmente si torna a parlare di latte sottopagato, della necessità di remunerare meglio la materia prima ai pastori e agli allevatori sardi, e nulla più. Oltre il comune sentire, che investe i produttori stessi, alimentando le chiacchiere da bar e le vuote indignazioni da social network, non si registrano argomentazioni in grado di incidere sul piano concreto.

Il prezzo del formaggio più prodotto (e più esportato) della Sardegna è finalmente tornato a registrare un apprezzamento significativo, toccando nei giorni scorsi gli 8,50€ al chilo, e nonostante ciò il latte continua ad essere remunerato 0,60€ al litro, più eventuali e spesso irrisori premi, assegnati per la cosiddetta qualità (ma grassi e proteine non sono i fattori della qualità reale; lo sono la qualità dei grassi, che viene dall’erba, ndr). Qualcosa – è evidente – non va nell’atteggiamento degli industriali, che risulta come sempre speculativo. Come a dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio: ce ne vogliamo forse meravigliare?

La non-notizia, quindi, a guardar bene, sta nell’atteggiamento con cui la questione viene trattata in questi giorni, con gli argomenti di sempre, nel modo di sempre, che quasi mai hanno prodotto risultati significativi.

A parlarne, come da copione, sono i vertici di Coldiretti Sardegna, che ancora una volta puntano il dito sulla forbice del prezzo, senza aggiungere nulla che possa indirizzare verso un cambiamento reale. “Se il prezzo del latte seguisse il trend di crescita del Pecorino Romano” – dicono – “dovrebbe essere pagato a 1,21 euro al litro. Ma nessuno ne parla. A qualcuno conviene osservare in silenzio e far passare tutto sottotraccia”.

Oltre le ovvietà di dichiarazioni che sinceramente sembrano fatte solo per mantenere gli spazi mediatici acquisiti negli anni, nessuno osa parlare dei mali reali di un comparto da rifondare, e con coraggio, operando il necessario ricambio della componente dirigenziale delle cooperative, largamente inadeguata, e definendo i contenuti di un paniere caseario che, agli occhi del mondo, appare offrire assai pochi stimoli (oltre i pecorini, poco o nulla).

Da oltre un anno in Sardegna si parla di Oilos, l’organismo che dovrebbe aiutare il comparto ad uscire dalle secche della crisi, e di un tavolo di concertazione a cui i pastori abbiano il peso degli industriali. Siamo al punto in cui i fatti debbono superare le opinioni, e le chiacchiere da bar. Le condizioni sembrano ideali per dare la spallata, ammesso che ce ne sia la forza. E che il muro da abbattere non sia fatto di gomma.

22 gennaio 2018