Futuro della Podolica tra marchio di qualità e perdita di contributi

Vacche e vitelle di razza Podolica – foto Varallo©

Buone notizie per la Basilicata, a quanto riferisce la voce ufficiale dell’Amministrazione regionale, il cui sito web ha annunciato, la settimana scorsa, che “la zootecnia lucana riparte dalla Podolica, con la pubblicazione del Decreto di riconoscimento del Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia “Bovino podolico al pascolo” da parte del Mipaaf, sulla Gazzetta Ufficiale”.

“Con circa 14mila capi di razza podolica e 379 allevamenti”, prosegue il comunicato, “rappresentiamo oltre il 45% del totale nazionale, con capi presenti prevalentemente nelle regioni del mezzogiorno.” A sottolineare l’importanza dell’iniziativa è l’assessore alle Politiche agricole e forestali della Basilicata, Luca Braia, che nel trattare la cosa sottolinea come «ora i nostri allevatori potranno allinearsi al disciplinare e fruire del marchio di qualità Sqnz, che determina la riconoscibilità sul mercato dell’altissima qualità del prodotto».

Transumanza podolica – foto Parco Appennino Lucano©

Grazie ad una lunga attività operata di concerto tra l’ufficio di Zootecnia regionale, l’Ara e l’Assessorato, è stato finalmente redatto il disciplinare e sono stati promossi il confronto e la condivisione ai tavoli ministeriali, con il riconoscimento ufficiale, finalmente raggiunto. «Dobbiamo immediatamente metterci al lavoro», ha proseguito Braia, «per costituire il consorzio che tuteli il marchio del Podolico al pascolo, elemento vitale per rilanciare la zootecnia da carne lucana».

L’istanza era stata presentata dal Consorzio Produttori Carne Bovina Pregiata delle Razze Italiane (C.C.B.I) nel 2014 e il disciplinare di produzione “Bovino Podolico al Pascolo” era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel settembre 2016.

Il riconoscimento come Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia per il disciplinare di produzione “Bovino Podolico al Pascolo” garantisce il diritto di accesso a tutti i produttori legittimamente interessati, la trasparenza del sistema e la rintracciabilità in tutte le fasi della produzione previste dal disciplinare stesso.

Con i derivati del latte e della carne – dall’allevamento alla produzione e vendita di carne nelle numerose macellerie e con l’omonimo e ricercato caciocavallo – il settore in Basilicata dovrebbe poter generare una economia rilevante e, spiega Braia, «avere, ora più che mai, la capacità di aggregarsi e organizzarsi per caratterizzare e rappresentare un prodotto e il territorio di provenienza, diventando protagonista».

I problemi rimangono, ed è bene vedere anche quelli
Nonostante i messaggi rassicuranti da parte delle istituzioni lucane, i motivi di preoccupazione rimangono e vengono evidenziati dagli allevatori aderenti alla Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), che si sono riuniti a Viggiano venerdì scorso 16 febbraio, allargando l’incontro ai colleghi provenienti da tutte le “regioni podoliche”: Calabria, Puglia, Campania e Molise, oltre che Basilicata.

Al centro dell’appuntamento: la fragilità dell’economia podolica, legata al pascolo brado, che rischia di ricevere un durissimo colpo a seguito di un decreto ministeriale che taglia pesantemente gli aiuti comunitari per le pratiche di conduzione tradizionale.

Come raccontato proprio venerdì dal Corriere del Mezzogiorno (clicca qui per leggere l’articolo “Mucche podoliche identità da salvare” di Giovanna Laguardia”), si parla di perdite di oltre 10mila euro all’anno per “gli allevatori che abbiano in uso duecento ettari di bosco utilizzato come pascolo, pari a circa il 40 per cento del contributo. Tagli che potrebbero anche essere retroattivi per le ultime due annualità”.

Inoltre, sullo sfondo di questo scenario, si stagliano ancora nette e gravi le risultanze delle analisi condotte già nel mese di dicembre su carni e formaggi podolici dall’associazione ambientalista lucana Cova Contro, da cui sono risultati tassi di idrocarburi pesanti largamente eccedenti i limiti di legge. Un problema molto serio che, per quanto circoscritto ad un limitato territorio della sola Val d’Agri, attende ancora una risposta e delle soluzioni da parte dell’Amministrazione Regionale lucana e dello Stato Italiano, che tanto si prodigò per concedere licenze per trivellazioni che – era prevedibile – non sono esenti dal rischio di causare problemi come questi.

19 febbraio 2018