Prendete due Stati neanche tanto distanti tra loro (poche centinaia di chilometri, in linea d’aria), con clima e territori anche simili, orografia, flora e fauna con molte analogie, ma due storie assai diverse. Da una parte un Paese occidentale non tra i più evoluti, vittima di vari fattori, non ultimo il cronico autocompiacimento che non aiuta a crescere e la diffusa propensione a spacciare per meraviglie molte mediocrità, dall’altra un Paese che dopo anni di regime autoritario (filo-sovietico prima, filo-cinese poi) scivolò, alla fine del secolo scorso, in un grave stato di depressione economica da cui non risulta ancora essere uscito.
Stiamo parlando di Italia e Albania e di mondi rurali assai differenti, nonostante le tante suddette affinità. All’interno di queste diversità, e viste le molte similitudini oggettive, a volte si concretizzano, progetti di cooperazione apprezzabili, tesi a trasferire conoscenze, soluzioni, esperienze dalla una comunità all’altra. Dalla più “evoluta” a quella che necessita di progredire. Progetti in cui, in genere, i finanziamenti europei portano risultati, dimostrando come i soldi pubblici potrebbero essere spesi.
E così è accaduto che, su iniziativa di un gruppo di lavoro nato nella provincia di Reggio Emilia, il progetto denominato RTM (Reggio Terzo Mondo) ha preso il via, arrivando a maturare delle esperienze che meritano di essere raccontate.
Ne ha parlato nei giorni scorsi l’Osservatorio Balcani Caucaso, dando conto del lavoro di un veterinario che è anche allevatore e produttore di formaggi: Corrado Torcianti di Collagna, municipio del comune di Ventasso, sull’Appennino reggiano. A Torcianti va il merito di aver promosso il progetto che oggi è forte della collaborazione di alcuni cooperanti, che ha già portato operatori reggiani in terra albanese e, che di recente ha condotto operatori albanesi sull’Appennino reggiano.
Da qualche anno Torcianti si reca di tanto in tanto nella prefettura di Scutari, al nord d’Albania in un percorso di avvicinamento e conoscenza di realtà che allevano animali da latte, con potenzialità non del tutto espresse e molto ancora da fare per raggiungere il necessario sostentamento da reddito agricolo. In questo senso l’obiettivo di RTM è quello di offrire ai partecipanti al progetto la conoscenza di modelli produttivi di dimensione familiare o poco più che familiare, riproducibili sulle montagne dell’Albania, attraverso i vari e necessari step attuativi.
Tra i partecipanti, in prevalenza allevatori di capre e di pecore, alcuni produttori di formaggi tradizionali (diath i bardhë, formaggio bianco), altri che vendono la materia prima ai trasformatori locali, e poi la giovane veterinaria Paola Gjoni, che nella terra d’origine segue i produttori coinvolti nel progetto, in qualità di corrispondente di Torcianti.
«Il nostro obiettivo», ha spiegato il cooperante di RTM Nicola Battistella, «è quello di far comprendere come e perché funzionano piccole aziende a conduzione famigliare, realtà simili a quelle cui i nostri allevatori potranno dare vita in Albania».
Tra i segreti carpiti dai partecipanti albanesi figurano le soluzioni a costo zero, quelle che sono tendenzialmente accessibili al genere umano anche senza spendere un cent: dalla capacità di ascoltare alla disponibilità a imparare, “rubando il mestiere” anche solo con gli occhi.
In cammino che non mostra particolari urgenze i corsisti imparano che l maggior valore in campagna è il gesto, se ben compiuto, e con il gesto, l’economia di ogni azione produttiva.
“Dinanzi a infrastrutture e tecnologie”, spiegano ad Osservatorio Balcani Caucaso – “gli sguardi albanesi si accendono di novità: quando Corrado illustra un sistema di mungitura meccanica, quando utilizza una sonda per l’ecografia o quando raccomanda una fiala di antibiotico, la domanda, posta pressoché all’unisono, è: “quanto costa?” – è questo l’unico caso in cui le risposte non destano ottimismo”.
Altre volte, però, l’accorgimento suggerito è semplice ed economico. È il caso della pedana rialzata che Corrado usa per mungere, o della “mangiatoia con l’autocattura (una struttura che obbliga l’animale a mangiare in file ordinate, garantendo ad ogni capo la giusta quantità di nutrimento).
Mentre il gregge procede in fila indiana, gli allevatori ospiti scattano qualche foto. «Questo quando torno lo faccio anch’io» è una frase che nessuno pronuncia, ma che un incrociato gioco di sguardi suggerisce essere condivisa.
“Nella visione di RTM”, spiegano all’Osservatorio Balcani Caucaso, il cambiamento si genera dagli incontri. Per questo, al termine della “gita”, le persone conosciute quasi non si contano”. E con esse non si misurano le fatiche, il tempo, le attese, ma si confida che il metodo RTM potrà avere fortuna, che nel lungo periodo qualcosa possa cambiare, nel nord dell’Albania. “Dove il Pil procapite”, sottolineano ancora all’OBC, “è meno di un sesto di quello italiano. Dove la parola “cooperativa” evoca un passato oscuro. Dove un paesaggio incontaminato toglie il fiato. Dove i singoli pastori – Pashk, Behar, Gjergj, Mesar – e la veterinaria Paola stanno lavorando, con le proprie mani e le proprie competenze, per un domani diverso. Un domani albanese”.
12 marzo 2018
articolo elaborato da Osservatorio Balcani Caucaso – Creative Commons License©
Per saperne di più, clicca qui