Il mondo rurale ha la strada in salita. L’ha sempre avuta e sempre l’avrà, a giudicare dalle vicende che esso stesso crea. O per meglio dire “si crea”. Il mondo rurale non ha grandi vantaggi oggettivi né dal legislatore né dagli organismi amministrativi né dal mercato, che appare a volte lontano, altre volte impalpabile e irraggiungibile. Il mondo rurale più autentico non gode dei favori della critica giornalistica, troppo pigra per andare a trovare i veri protagonisti. Più facile per il cronista affacciarsi al mercato del Circo Massimo a Roma e farsi raccontare com’è. Appunto: farsi raccontare, e credere che una verità parziale sia generale.
Io faccio, io sono, io esisto. Io vero, io autentico, io pastore. Io solo”. Eccolo il limite di questo povero mondo, che sarà anche benestante, talvolta, se non ricco, ma che è povero dei suoi stessi limiti, è in queste parole. “Io solo”, per l’appunto, anche se il senso con cui ci era stato indirizzato il messaggio era ben diverso. Era “solo io”, solo io esisto, perché sono qua, perché stai parlando con me. Ed invece è un altro, palesemente un altro: è “io sono solo, perché proprio non ce la faccio a fare sistema, non mi interessa, non mi va di unirmi con altri pastori in un progetto comune. Non voglio condividere. Non credo che insieme ad altri pastori come me, io abbia qualcosa da guadagnarci”.
La nostra idea di un progetto collettivo
Ecco che allora basta un viaggio di poche ore, e basta un incontro sul territorio, per capire i limiti di quel mondo. È accaduto a noi, nel novembre scorso, di andarli a trovare, i pastori di Picinisco, per capire se con l’assegnazione della Dop qualcosa sarebbe cambiata nel loro non essere coesi. Per vedere se un istituto così importante come la certificazione di origine, che in genere porta con sé la nascita di un consorzio, avrebbe condotto verso un sano fare comune, come è accaduto altrove. Quasi mai senza difficoltà, ma quasi sempre con qualche successo.
Abbiamo cercato di trasferire in loro il nostro entusiasmo per un fattore di rara importanza insito in quel loro disciplinare: l’obbligo di caglio aziendale, concesso attraverso una deroga legislativa ottenuta dai tecnici dell’Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura del Lazio) a cui va qui il nostro plauso incondizionato.
Un fattore esclusivo, quello del caglio aziendale, che permette di affermare che il Pecorino di Picinisco è un formaggio assolutamente rurale, escludendo il coagulante industriale, che tutti usano “perché”, dicono, “tanto è una deroga difficilissima da ottenere” (questo il comune sentire, anche negli ambienti dei formaggi “eroici”, ndr) e che – a pensarci bene – non sai mai da dove arrivi (Olanda? Francia? stalle da cento o mille capi? allevati come? appartenenti a quale genetica?). Una prerogativa su cui costruire, assieme ad altri fattori distintivi e non comuni al giorno d’oggi (come l’uso delle fuscelle in vimini o del rompicagliata in legno di biancospino, o ancora come l’obbligo del pascolamento per otto mesi l’anno), una storia distintiva, un racconto una volta tanto reale e convincente, senza uso di artifici di marketing. E tutti uniti in quella che dovrebbe essere una comunità del cibo: piccoli produttori, ma tanti, uniti e determinati. E per questo tutti più forti.
E invece no. Una volta rientrati in redazione, e di mesi ne son passati cinque, oramai, ogni nostro tentativo di mantenere vivo quel dialogo collettivo, è miseramente fallito. Naufragato nelle non-risposte di uno dei due produttori: quello che sul mercato ha già trovato il suo spazio, quello che forse, sentendosi già abbastanza “famoso”, deve ancora capire che l’unione di tutti i pastori del suo territorio sarebbe una vittoria per tutti e in maggior misura per lui, e per la sua azienda.
I meriti della San Maurizio, per non far naufragare la Dop
Niente da fare: contatti perduti tra noi e lui, e contatti perduti anche tra loro due, già che anche l’altro produttore che incontrammo non è più riuscito ad ottenere risposte sull’idea di un progetto comune. Una Dop quindi a rischio di naufragare nell’incapacità di coesione dei suoi stessi attori? Dopo quindici anni di iter sarebbe stato un bel paradosso, per chi ci ha creduto, e per i tecnici dell’Arsial, senza i quali la Dop non sarebbe stata possibile.
E così è accaduto che “l’altra Picinisco”, quella che nella coesione crede, ben rappresentata dall’Agricola San Maurizio della famiglia Pia, si è determinata a fare l’unico passo che andava fatto per dare vita alla Dop, vale a dire certificare le prime forme. L’evento, perché di un vero e proprio evento si è trattato, è avvenuto il 28 marzo scorso, alla presenza dei tecnici Arsial, dell’attuale sindaco di Picinisco e del suo predecessore, che tanto volle la denominazione di origine. Un momento importante per la Valle di Comino, annunciato da un nostro articolo con due giorni di anticipo, lunedì 26.
Due giorni e un articolo che sono bastati – è evidente – all’altro produttore per fare le corse contro il tempo pur di dichiarare di essere stato il primo a certificare quel formaggio. È così che in poche ore su Facebook si è scatenata un’autentica bagarre in cui le due aziende si sono trovate – la San Maurizio suo malgrado – ad affermare ciascuna il proprio primato: per una quello di essere stata la prima a certificare, ma con placche ritirate in un secondo momento (ma si può!?, ndr), per l’altra ad aver certificato con le placche che contano: quelle numerate dalla 00001 alla 00100, che testimoniano il merito dell’azienda di essere stata la prima a fare quel che c’era da fare: smuovere una situazione di stallo che davvero non aveva senso di esistere.
Gli scenari futuri
Quali sviluppi ci riserverà il futuro non è dato saperlo, non essendo facile calarci nella mente di chi ragiona solo per il proprio tornaconto e per nulla per il bene comune. Da indiscrezioni raccolte nel territorio della Dop non si esclude che qualcuno starebbe architettando di creare tre aziende dalla propria azienda, con l’intento forse di ottenere i presupposti per governare un eventuale consorzio (mossa tardiva se i controllori faranno il loro dovere, e siamo certi che lo faranno, ndr). Secondo altre voci sarebbero in corso le “grandi manovre” (da parte dello stesso soggetto, ndr) per accaparrarsi i favori di alcuni degli altri diciotto produttori. Forse il pensiero (e l’azione) di qualcuno corre troppo avanti, forse qualcosa è sfuggito di mano. Di sicuro il presunto vincente ha perso l’occasione per fare qualcosa di buono. E per non farsi ridere dietro.
16 aprile 2018