
“Pasturs funziona, Pasturs sta dando risultati”. A pochi mesi dalla pubblicazione del consuntivo della precedente campagna stagionale in malga, gli organizzatori del progetto lanciano l’attività prevista per la prossima stagione d’alpeggio, partendo dal buon esito raggiunto sinora.
Cento volontari – scelti tra più di cinquecento candidature – si sono alternati al fianco dei pastori per un massimo di tre settimane operando in nove alpeggi delle Alpi orobiche bergamasche. Con loro sono stati introdotti ulteriori cani da guardiania e grazie a loro è stato possibile gestire meglio i recinti mobili elettrificati ed operare la necessaria divulgazione ai turisti, riducendo incomprensioni ed evitando possibili contrasti. Il tutto per perseguire due obiettivi principali: il miglioramento della convivenza tra i pastori e i grandi predatori e la promozione dei prodotti derivanti da attività zootecnica di montagna.
Ma non solo: il progetto sta avendo un esito positivo sul miglioramento del rapporto di fiducia tra il mondo degli ambientalisti e quello degli allevatori, che in quella piccola area non sono mai stati così vicini come adesso, anche grazie al reciproco scambio di esperienze. Sono inoltre migliorati i rapporti intergenerazionali delle figure coinvolte, e tutti hanno acquisito una consapevolezza su quanto si possa fare per il bene comune della biodiversità e dell’ecosistema.
Cosa fa una goccia d’acqua nell’Oceano?
Oltre al rallegrarsi per il buon esito dell’iniziativa, qualche dubbio permane se solo si guarda oltre il confine orobico: l’esperienza di Pasturs – una goccia d’acqua in una problematica grande come un Oceano – non sarà estensibile a tutti i territori investiti dal problema dei grandi predatori. Territori in cui lupo e orso stanno compiendo vere e proprie carneficine di pecore, capre, vitelli e cavalli, minando l’economia pastorale e il mondo rurale.
Lo lasciano intendere le diverse azioni in atto in territori non solo di montagna: dall’alto veronese all’empolese, dal grossetano al torinese, il nostro Paese risuona di voci che chiedono ben altro, sull’esempio di Francia, Spagna e Norvegia che hanno già varato un piano di contenimento del lupo.
Se n’è parlato sabato scorso, 5 maggio in provincia di Torino, nel convegno “Al lupo! Al lupo! Il grido degli agricoltori a Fenestrelle”, organizzato dalla Cia del capoluogo piemontese. L’incontro toccherà le criticità più palesi e concrete: dal fallimento del progetto WolfAlps (incapace, dopo anni di attività, persino di fornire un censimento verosimile, ndr) alla stessa mattanza di lupi (una sessantina negli ultimi due anni nel solo Piemonte) che non è figlia di bracconaggio né di una “giustizia fai da te”, ma che è diretta conseguenza dell’atteggiamento reticente di chi, per difendere il proprio tornaconto, da anni finge di non vedere e di non sentire. E che, quando parla, mente.
Chi fosse interessato a saperne di più, sulle iniziative locali che stanno sbocciando in giro per l’Italia, può cliccare qui (un convegno dei giorni scorsi in provincia di Empoli) e qui (un sindaco nel grossetano, dalla parte dei pastori). Qui invece la lettera-appello dei pastori dell’Altopiano dei Sette Comuni, che davvero sono alle corde per colpa di chi – per difendere il lupo – condanna l’uomo alle difficoltà, all’abbandono della montagna, alla chiusura delle aziende, alla crisi delle economie e delle società rurali. Buona lettura a tutti.
7 maggio 2018