Il nostro articolo “Lupo: palliativi in Veneto, abbattimenti in Trentino Alto Adige”, pubblicato la scorsa settimana, ha indotto alcuni lettori a chiedere notizia circa l’ipotesi di riduzione della presenza del predatore nella regione a statuto speciale, sia ad avanzare dissensi, né velati né amichevoli, che crediamo rappresentino, purtroppo, il comune sentire di molti. Commenti evidentemente fondati su idee preconcette (i “diritti del lupo innanzitutto”), o peggio ancora basati sulla più cieca ignoranza (di fronte alla quale vale solo l’invito a risolverla, prima di parlare, nddr).
Nel redigere quell’articolo la nostra Redazione ha voluto unicamente testimoniare come di fronte al medesimo problema, due amministrazioni pubbliche locali possano avere due appeocci tanto diversi. Due approcci oseremmo dire diametralmente opposti nonostante di fronte si abbia lo stesso – drammatico – problema. Perché le predazioni a danno delle realtà pastorali hanno letteralmente scaraventato intre comunità di pastori di fronte a prospettive catastrofiche (quali la chiusura delle attività, che già purtroppo stanno avvenenedo, ndr) di cui tutti pagheremo le spese. In termini sociali, ambientali, paesaggistici, e non in ultimo, di qualità della nostra alimentazione, quindi di qualità della vita.
Tornando alle obiezioni di alcuni, va detto che non abbiamo plaudito a nulla e a nessuno, limitandoci a riferire le scelte di Veneto e Trentino Alto Adige di fronte a quella che oramai è un’emergenza-lupo, o per meglio dire quello che può essere definito senza timore di smentita il “dramma delle predazioni”. Potremmo pubblicare qui una vera e propria galleria degli orrori, volendo, per far capire di cosa stiamo parlando: pecore, capre, vitelli, puledri trucidati da un predatore che – palesemente – non è più a rischio di estinzione. E sul cui diritto a godere di una particolare protezione si sta riflettendo oramai, finalmente. A meno che qualcuno non voglia la scomparsa della pastorizia.
A tale proposito, l’aggiornamento della settimana riguarda le audizioni tenutesi mercoledì scorso presso il Consiglio provinciale di Trento, in preparazione dell’assemblea legislativa in programma il 3, 4 e 5 luglio. Le audizioni sono state ospitate dalla terza Commissione permanente presieduta dal vicepresidente Nerio Giovanazzi sul disegno di legge 230, riguardanti nella fattispecie la gestione di orsi e lupi (proponente assessore Dallapiccola). Il testo è formato da un solo articolo che prevede la possibilità per la Provincia autonoma di Trento di adottare misure di prevenzione e di intervento connesse alla gestione dell’orso e del lupo in Trentino, compresa la scelta estrema di uccidere questi animali, non senza però aver prima acquisito il parere dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
L’ascolto dei soggetti interessati ha riguardato, nella prima fase delle audizioni, il Consiglio delle autonomie, la Magnifica comunità di Fiemme, l’associazione delle Asuc, il Muse e il Centro grandi carnivori.
Consiglio delle autonomie e consorzio comuni: una norma di buon senso di cui abbiamo bisogno
Paride Gianmoena e Davide Sartori hanno espresso il loro appoggio all’iniziativa dell’assessore Dallapiccola: avere la competenza in Provincia su questa materia è un elemento molto positivo perché è giusto avvicinare le decisioni a chi le situazioni le vive e dunque dare al presidente della Pat la potestà di catturare ed eventualmente sopprimere la fauna selvatica che si rendesse problematica. Si tratta di una norma di buon senso di cui abbiamo molto bisogno, ha proseguito Gianmoena: quando si prendono delle decisioni occorre mettersi nei panni di chi vive in montagna e questo è un provvedimento chiesto proprio da quelle persone. Sono stati sentiti molti sindaci al riguardo, ha detto Gianmoena che, alla domanda diretta della consigliera Borgonovo Re ha risposto che il Consiglio ha sentito espressamente la Valle di Fassa (Canazei), la valle di Fiemme (Cavalese) e il comune di Ala. “A parte quelli consultati, non ho comunque trovato alcun sindaco che abbia manifestato contrarietà a questo disegno di legge” ha aggiunto.
Magnifica Comunità: grave preoccupazione per i pascoli
Assolutamente favorevole il parere a questo disegno di legge di Giacomo Boninsegna, scario della Magnifica Comunità di Fiemme che ha ricordato i 3000 ettari di terreno a pascolo e il proprio patrimonio zootecnico per i quali la comunità è estremamente preoccupata. Una situazione forse sottovalutata che è diventata in brevissimo tempo incontrollata, densa di pericoli non solo per le mandrie e le greggi, ma anche per l’uomo. Boninsegna ha richiamato una delibera della MCF che invitava da tempo la Giunta provinciale a richiedere a Governo e Unione europea la possibilità di intraprendere azioni autonome per arginare la presenza del lupo e garantire la sicurezza dell’uomo stesso.
Asuc: un atto di coraggio della Giunta
Roberto Giovannini, Serena Scoz e Giorgio Locatin sono intervenuti in rappresentanza delle Asuc. Il presidente Giovannini ha ammesso la grave preoccupazione per quanto riguarda sopratutto il lupo. Condividiamo in pieno il disegno di legge, ha detto, che rappresenta “un atto di coraggio della Giunta che mostra di riconoscere la nostra realtà”. Storicamente, ha aggiunto il presidente, è sempre stata ammessa una certa autonomia alla gente che vive in montagna, riconoscendone in questo modo l’importanza e insieme le difficoltà. Queste persone non sono turisti, ma si occupano della cura del territorio, vivere in montagna è sacrificio e passione e occorre tutelare chi vive queste esperienze di vita. Il provvedimento però è importante anche perché concorre alla salvaguardia della biodiversità e per questioni economiche, paesaggistiche e ambientali. Se la gente di montagna non sarà più presente in quota ci saranno delle importanti ripercussioni anche a tutti questi livelli. Dopo Giovannini anche Locatin ha evidenziato i gravissimi problemi che la gente di montagna sta riscontrando a causa dell’aggressività crescente della fauna selvatica, che motivano il sostegno “a questo coraggioso documento”.
Muse: gli interessi del progetto Life Wolfalps
Paolo Pedrini è intervenuto in rappresentanza del Museo delle scienze di Trento. Il conservatore museale ha illustrato il progetto Life Wolfalps, il ritorno naturale del lupo sulle Alpi in un contesto volto alla conservazione della specie e dell’habitat in aree campione. Si è creato un consorzio tra enti partecipanti con una rete di supporters tra i quali la Provincia di Trento e Bolzano e diverse associazioni del nostro territorio. Si è trattato di un esempio interessante di conservazione che tuttavia ha dato vita a diversi conflitti. Il museo è stato coinvolto in particolare su azioni di comunicazione al pubblico, agli allevatori, ai cacciatori, attraverso un programma di educazione ambientale con le scuole, conferenze e convegni, i cui dettagli sono sul sito del progetto. “Come è stata costruita e che esiti hanno avuto i vostri percorsi informativi”, ha chiesto Borgonovo Re, “visto che appare esserci uno scollamento tra il grande lavoro che avete fatto e la ragionevolezza nell’affrontare il tema in questi giorni”. Pedrini ha spiegato che l’attività sul territorio è partita nel 2012-2013 ed è stata costruita sotto forma di dialogo con il territorio guidato dalla Provincia. E’ chiaro che laddove il lupo arriva e si manifesta il processo si arresta e deve ripartire da capo. “Dal momento che questo animale non ha confini” -si tratta di sei branchi a scavalco con altre regioni- si è chiesta Borgonovo, “che efficacia può avere pensare ad una segmentazione gestionale delle misure pubbliche”?
Luigi Boitani e il disco incantato della paura infondata del lupo
Luigi Boitani per il Centro Grandi Carnivori presso l’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Marittime e della Regione Piemonte ha detto di occuparsi di lupo da 40 anni, dal primo decreto dell’allora ministro Marcora del ‘71. “Ho seguito l’espansione su tutto l’Appennino, l’avvistamento sulle Alpi nel ‘92 fino all’espansione nell’arco alpino” ha raccontato “e ogni volta che il lupo arriva in un posto nuovo rivedo la stessa storia”. Lo sbandamento dell’opinione pubblica, di chi fa pastorizia, della gente comune. Si tratta, ha spiegato attingendo alla sua pluriennale esperienza, di costruire due barriere nei confronti dei problemi principali: una verso l’opinione pubblica, ovvero fare informazione e distruggere tutte le informazioni false “alla Cappuccetto Rosso”. Dal 1700 ad oggi non c’è un attacco provato del lupo all’uomo, tranne alcuni rarissimi casi che non fanno certo testo in Alaska. Il lupo attraversa tutte le notti i paesi nell’Italia centrale, abbiamo 100 lupi nel parco d’Abruzzo, un branco che ha la tana sulla rete dell’aeroporto di Fiumicino, ma nessuno è allarmato perché in realtà non è mai successo nulla. Quindi tutta questa paura è assolutamente infondata. L’altra barriera sono i reali danni alla pastorizia. Il suggerimento alle amministrazioni è quello di fare due conti sull’importanza e sulla realtà del danno nella consapevolezza che la prevenzione è la misura migliore. Certamente è un lavoro in più per il pastore e il compromesso va trovato. Il lupo è una specie che dinamiche di popolazione che lo possono far crescere anche del 30% all’anno, ma si sposta su grandi territori. Al secondo anno d’età il lupo lascia la famiglia e si sposta anche di 1000-1500 km. Questo significa che gestire il lupo e trovare un serio compromesso non lo si può fare a scala di Provincia o di Regione, in questo caso va fatto in un’ottica di arco alpino, sostenendo la possibilità di qualche rimozione chirurgica dove dovesse servire. Al di fuori di quest’ottica siamo fuori dalla direttiva Habitat.
Boitani ha risposto ad alcune domande di Pietro Degodenz, di Donata Borgonovo Re e di Violetta Plotegher. I lupi hanno imparato culturalmente che l’uomo è un animale pericoloso, non c’è bisogno di sparare sempre, loro già lo sanno che possiamo farlo. Il lupo rimane comunque un animale libero, catturarlo è difficilissimo e sterilizzarlo sarebbe poco influente. “Aldilà delle scelte politiche che non mi riguardano”, ha detto Boitani, “il riferimento è la direttiva Habitat firmata dallo Stato (e non dalle Regioni) che pone una condizione per le deroghe, ovvero che la popolazione sia in stato di conservazione favorevole, in questo caso la popolazione di riferimento però è quella alpina. C’è tutto il vantaggio per la Provincia di Trento a collaborare con le altre regioni e sedersi al Tavolo delle regioni alpine che sta tracciando le linee guida sulla gestione del lupo. Difficile prevedere l’impatto del prelievo di un lupo dal branco, dipende dal momento sociale vissuto dal branco. Il lupo in realtà è un animale estremamente opportunista e non si può irrigidire in gerarchie, proprio come l’uomo: prelevare chirurgicamente un animale a caso è dunque eticamente scorretto, oltre che biologicamente inutile.
Parole quelle di Boitani che torneremo a valutare, e a soppesare, quando il predatore avrà di nuovo ammazzato, come avveniva in passato, qualche essere umano.
18 giugno 2018