Lagorai a rischio speculazione. Insorgono pastori e società civile

La catena montuosa del Lagorai – Logudro© – Creative Commons License©

Un tessuto paesaggistico prezioso e irripetibile, con le sue malghe e i suoi bivacchi – quello della catena montuosa del Lagorai, in Trentino – rischia di essere compromesso in maniera irreparabile a causa di un progetto, denominato TransLagorai, che qualcuno ha osato definire di “riqualificazione”, ma che più appropriatamente andrebbe denominato di “inaudita speculazione”.

Un progetto che punta atrasformare i manufatti originari della splendida montagna trentina in coacervo di malghe e ristoranti, con l’intento dichiarato e di sviluppare un turismo non sostenibile. Utilizzando materiali attuali, realizzando opere antiestetiche, parcheggi e infrastrutture sovradimensionate per un territorio che mai potrà – né dovrà – accogliere carovane vacanziere vocianti e irrispettose. Un progetto, quello del TransLagorai, che oltre a violentare i manutatti si propone di trasformare sentieri e mulattiere in strade sovradimensionate, su cui possano scorrazzare moto, auto e – chissà mai – persino i camper.

Una forma di Lagorai, formaggio semigrasso di malga, Presidio Slow Food – foto Associazione Pastori e Malghesi del Lagorai©

Follia pura per qualsiasi uomo senziente che dovesse riflettere sui pro e sui contro, immaginando cosa ci ritroveremmo davanti agli occhi poi, cosa ci rimarrebbe nella testa e nel cuore. E cosa, per sempre, si perderebbe. Follia pura, ma non per tutti. Non per gli affaristi e i burocrati rampanti, non per chi è senza coscienza e rispetto di storie, culture e paesaggi che un minimo di oculatezza dovrebbe considerare inviolabili.

Tutto ciò accade oggi quindi, in nome dell’imperante pochezza culturale, di un arrivismo di bassa retroguardia. E della latitanza del buonsenso.

A sostenere la difesa del Lagorai in questi giorni, davanti alla prospettiva del TransLagorai, sono state diverse autorevoli voci, legate a quel territorio da ragioni umane, culturali e affettive. Gente che di quel territorio conosce gli straordinari valori e l’estrema fragilità; persone che, con forza e determinazione, hanno assunto una posizione avversa ai fautori di un progetto che interverrebbe su strutture e infrastrutture stravolgendone la natura, il lascito antropologico, la storia.

«I tentativi di manomissioni – umane e politiche – operati nel Lagorai hanno una storia lunga decenni», esordisce Laura Maria Zanetti, fondatrice della “Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai”. «Dopo la faticosa ricomposizione degli alpeggi, fu il caso della tragedia del Vajont a scongiurare, a metà degli anni ’60, la costruzione di un’enorme diga che avrebbe dovuto sommergere la Val Calamento».

«Malga Cagnon di Sotto», prosegue Zanetti, «fu miracolosamente salvata negli anni ’70, grazie ad una coraggiosa iniziativa della popolazione di Telve che scongiurò, con una raccolta di firme, lo spettro di un devastante insediamento turistico». E ancora «nell’89», ricorda la fondatrice della libera associazione, «furono sempre gli abitanti di Telve a bloccare la costruzione di un metanodotto della “Snam Progetti”. Dopodiché – correva la metà degli anni ’90 – fu il turno di Berlusconi, che tentò – senza successo – di acquistare a peso d’oro la Val Cia, con l’idea di farne una seconda Cortina d’Ampezzo».

A proposito di “Translagorai”, uno degli esperti di montagna più stimati, il trentino Alessandro Ghezzer, ha recentemente esposto il suo pensiero dalle pagine di GognaBlog, il blog dell’alpinista Alessandro Gogna: “Il tutto è ben camuffato”, spiega Ghezzer, “dalla foglia di fico della TransLagorai, pretesto per l’ennesima “valorizzazione” al modico costo di 3,6 milioni di euro”.

“Peccato che sarebbe bastato un solo bivacco”, prosegue l’esperto nel suo scritto, “per coprire egregiamente le necessità dei trekker. Invece si fa ristrutturazione di varie malghe più a bassa quota, ma soprattutto due malghe lungo la strada del Manghen (Valsolero, Cadinello) che in estate è già una discreta bolgia, con un servizio ristorazione (Valsolero!) che esiste già al Passo”.

“La cosa più agghiacciante” – sono sempre le parole di Ghezzer – “è quello che vogliono fare a Malga Lagorai, con servizio ristorazione con 40 posti a sedere (40!) in uno dei luoghi più belli di tutto il Lagorai: guarda caso, la malga è vicinissima al Cermis/Bombasel già ampiamente manomesso dagli impianti e dalla recente ferrata demenziale”.

“Non è difficile immaginare”, conclude l’esperto, “che sarà presto o tardi inglobata nel comprensorio turistico del Cermis, con la ben nota tecnica delle spallate (una oggi, una domani, un’altra dopodomani e non ci si ferma più). Bisogna fare qualcosa: vedi il progetto TransLagorai. Ma soprattutto vedi il documento pdf della critica ragionata al progetto TransLagorai, oppure consulta il relativo documento online “in progress”, raggiungibile da qui.

La strada della difesa del Lagorai passa ancora una volta dalla strenua determinazione della gente di difendere i propri e più profondi beni, tangibili e intangibili che siano. Come un tempo si levò contro la costruzione di una diga e di un metanodotto, o di speculazioni turistiche, anche stavolta – ce lo auguriamo di cuore – il Lagorai saprà difendere a pugni stretti la sua storia, la sua cultura, i suoi straordinari paesaggi.

22 ottobre 2018

Mentre siamo in chiusura di questo nostro articolo ci perviene la notizia del sostegno che Italia Nostra Trento ha dato, nelle ultime ore, alla difesa del Lagorai, contro le speculazioni in atto. Ve ne diamo conto con l’articolo “Italia Nostra: «TransLagorai, progetto miope»”, pubblicato ieri sera dal quotidiano web Corriere del Trentino.