Sono passati sette mesi dalla deflagrazione della vicenda Camembert, uno dei più rappresentativi formaggi di Francia, che a seguito delle sventurate decisioni dell’Inao (Institut National de l’Origine et de la qualité) si è ritrovato ad avere un futuro incerto, nella prospettiva che dal 2021 quella realtà possa viaggiare sul binario ambiguo di due denominazioni distinte: una per i produttori rurali e una per quelli industriali. Denominazioni distinte, sì, ma troppo simili tra loro – “Camembert de Normandie” e “Camembert fabriqué en Normandie” – per non avere un impatto ingannevole sui consumatori.
Una prospettiva che, dopo i clamori delle prime settimane ha innescato una petizione popolare (più di 38mila firme raccolte) e registrato l’invio di una vibrante lettera di alcuni deputati al ministro dell’Agricoltura. Da lì in avanti molte polemiche sono emerse sulla stampa e nei social network, polemiche che – è evidente – hanno indotto le parti interessate a riflettere, a confrontarsi e a trovare una mediazione, e da lì una prima ipotesi di compromesso, sfociata nella presentazione di un accordo grazie al quale le due realtà saranno operative sotto uno stesso tetto, seppur distinte da soluzioni produttive diverse, opportunamente evidenziate ai consumatori.
Nella sostanza, i due fronti su cui le parti hanno deciso di muovere vicendevolmente un passo l’una verso l’altra, sono la valorizzazione della vacca di razza Normanna – uno degli aspetti che stanno più a cuore ai produttori rurali – e la pastorizzazione, inevitabile per l’industria che produce latte raccolto a destra e a manca. Su questo aspetto i piccoli artigiani del latte hanno deciso di accantonare l’originaria intransigenza, a fronte di diciture più chiare e comprensibili in etichetta.
Il progetto condiviso è stato presentato venerdì scorso, 25 gennaio, in una fattoria a Saint-Pierre la Rivière nell’Orne, dal presidente della regione della Normandia, Hervé Morin, accompagnando l’esposizione dei termini dell’accordo con l’enunciazione di un traguardo ambizioso: quello di raggiungere l’adesione di duemila nuovi allevatori (al momento sono circa cinquecento) nel consesso dell’Aop Camembert de Normandie.
Venendo ai requisiti fissati per le due realtà, ecco le condizioni che sono state ufficializzate:
- Camembert Aop (industriale, pastorizzato)
– Almeno il 30% di vacche di razza Normanna in ciascun allevamento
– Almeno sei mesi di pascolo all’anno
– 20% almeno di erba/fieno nelle razioni di vacche durante tutto l’anno
– Esclusione di alimenti contenenti Ogm
– Autorizzazione del trattamento termico del latte, da evidenziare in etichettatura - Camembert Aop a latte crudo (che consente la menzione “genuino” o “autentico”)
– Prodotto esclusivamente con latte crudo e raccolto con il mestolo (à la louche)
– Almeno il 65% di vacche di razza Normanna (attualmente ê il 50%)
– Almeno sei mesi di pascolo all’anno
– 20% almeno di erba/fieno nelle razioni di vacche durante tutto l’anno
– Esclusione di alimenti contenenti Ogm.
Sono richiesti altri criteri agro-ecologici, tra cui la messa a dimora di siepi. L’accordo prevede anche un’estensione dell’area di denominazione e la scomparsa della menzione “fabriqué en Normandie“.
L’obiettivo prefissato è duplice: sviluppare il “top di gamma” e incrementare l’intera produzione di Camembert Aop che attualmente utilizza il 20% del latte prodotto in Normandia. A fronte di quanto stabilito, e come incentivo economico, la Regione Normandia ha deciso di sostenere i produttori con un primo supporto economico di 389mila euro. Una prima mossa per indurre alla ragionevolezza le parti, con l’ambizione di fare del Camembert – quello a latte crudo ma anche il pastorizzato – uno dei principali ambasciatori di Normandia nel mondo.
28 gennaio 2019