Dopo una pace che era sembrata prima improbabile, poi possibile, per quanto difficile, la guerra tra il vero Camembert (quello storico, da latte crudo di vacche Normanne allevate a erba e fieno in terra di Normandia) e la sua brutta copia industriale (pastorizzato, da vacche iperproduttive e da latte non solo normanno e raramente di pascolo) torna a divampare con inatteso vigore.
A riaccendere gli animi sono stati, mercoledì scorso, 13 marzo, alcuni manifestanti che, per ottenere visibilità e attenzione, hanno deciso di bruciare davanti alla sede dell’Assemblée Nationale, a Parigi, i documenti contenenti le proposte di modifica del disciplinare di produzione, e le norme che regolano l’etichettatura.
Gli attivisti, guidati dalla giornalista Véronique Richez-Lerouge (nella foto di apertura), presidente dell’Associazione Fromages de Terroirs, e dal deputato Richard Ramos, hanno incontrato giornalisti e parlamentari, distribuendo 577 Camembert a latte crudo, spiegando che l’iniziativa tesa a far ottenere il marchio Aop (la nostra Dop: Denominazione di Origine Protetta) al Camembert industriale, nonché la denominazione ad esso attribuita – Camembert fabriqué en Normandie “calpesta il patrimonio culturale e gastronomico del Paese”, e chiedendo che venga revocata.
Il loro riferimento è inequivocabilmente quello dei produttori storici, che rispettando un metodo tramandato da secoli, utilizzano ingredienti precisi, a partire da un latte – rigorosamente da trasformare a crudo – che almeno per metà deve provenire da vacche Normannne. Un latte di animali che, allevati in un definito areale della regione, permette di produrre appena 5mila tonnellate di Camembert de Normandie Aop.
Incontrando i giornalisti nella sala stampa dell’Assemblée Nationale, hanno espresso la profonda preoccupazione circa le sorti del loro gioiello caseario, vale a dire che il tradizionale Camembert possa essere fagocitato – coperto, confuso – dall’altro e con l’altro “Camembert, prodotto in quantitativi assai più consistenti nelle fabbriche di formaggi della Normandia”. “Un formaggio”, spiegano i sostenitori del Camembert storico, “fatto da latte pastorizzato di qualsiasi razza di vacche, allevate in ogni dove, che dal 2021″, stanti le recenti concessioni, “potrà fregiarsi anch’esso del marchio Aop”.
Preoccupazioni che hanno una fondatezza, quindi, sia nelle macroscopiche differenze produttive e qualitative sia nei volumi prodotti: circa “60mila tonnellate di Camembert industriale sfornate ogni anno, acquistabili in qualsiasi supermercato e ingannevoli nelle diciture riportate in etichetta”.
«Il sistema Aop è stato creato per proteggere i prodotti agroalimentari dalle loro copie», ha ammonito Véronique Richez-Lerouge: «quello che sta accadendo adesso è l’esatto contrario: stiamo parlando di tradizione, patrimonio e immagine. Camembert de Normandie Aop e Camembert fabriqué in Normandie Aop non sono e non saranno mai la stessa cosa» e a meritare una protezione è il formaggio autentico, tramandato dagli avi, testimone di una cultura che sotto i colpi della mistificazione industriale rischia di morire.
Una guerra che dura da vent’anni – Per riprendere un po’ i fili con cui è tessuta la vicenda, è utile ricordare che le origini di questa contesa casearia risalgono al 1998, quando il Camembert de Normandie, prodotto tradizionale e a latte crudo, ottenne la sua Aop.
Come già accaduto in altre situazioni simili, anche in Italia, l’industria dimostrò interesse ad inserirsi nel novero dell’Aoc, pur non avendone i requisiti. Una situazione difficile da tollerare per i produttori della tradizione, che hanno lavorato anni per ottenere la Aoc e che si sentirono già allora – e si sentono a maggior ragione adesso – minacciati da soggetti che, una volta legittimati a produrre, mistificano, stravolgono, danneggiano, sviliscono tutto il possibile e l’immaginabile, incuranti dei danni recati agli altri.
In sostanza, in questi ventuno anni, attraverso una serie di schermaglie instauratesi nel tempo e rinfocolate al termine del 2018, ma poi apparentemente placate, i produttori di entrambi i tipi di Camembert sembravano aver concordato – alla fine dello scorso gennaio – una possibile coesistenza all’interno dell’Aop, attraverso un accordo di compromesso con cui i produttori industriali accettavano di produrre con un 30% almeno di latte di vacche della Normandia.
In una rilettura più recente, Richez-Lerouge e una larga rappresentanza dei produttori storici hanno reinterpretato fatti e prospettive, capendo che, attraverso un apparente compromesso, che in sostanza è un tranello, la lobby industriale si preparerebbe a vincere in qualsiasi momento, attraverso una semplice campagna mediatica basata sulle fobie della gente. O per dirla con le parole della giornalista francese, con la “paranoia diffusa” che molti consumatori hanno per il latte crudo.
18 marzo 2019