Foggia, crocevia di transumanze, rischia di perdere lo storico Ufficio Tratturi

L’Epitaffio di Foggia, eretto nel 1651 secolo nel punto di incrocio delle transumanze dall’Abruzzo – foto di Pietro© – Creative Commons License

La riorganizzazione della “macchina” amministrativa pugliese rischia di arrecare un danno rilevantissimo al territorio foggiano, alla sua storia, al forte legame che la città ha con il mondo rurale, e con la transumanza. In tempi in cui in troppi e un po’ ovunque (comuni, enti locali, etc.) rivendicano legami con improbabili migrazioni pastorali, pur di arrogarsi il diritto di utilizzare il titolo di patrimonio immateriale dell’umanità, quello che per le migrazioni è stato per secoli uno dei principali crocevia del Centro-Sud Italia, rischia di perdere una posizione che nessuna logica dovrebbe poter scalfire.

Ci riferiamo al rischio che l’Ufficio Tratturi, da sempre sito in Foggia, possa essere trasferito nel capoluogo pugliese, come denunciato da uno degli ex dirigenti di quell’ente, ora in pensione: Michele Pesante. In una recente intervista rilasciata ad un giornale locale, Pesante, che è anche presidente dell’associazione Tratturi e Transumanza, ha lanciato l’allarme per una possibile chiusura di quell’ufficio, in cui sono raccolti oltre 550 anni di storia della Transumanza e delle aree tratturali che non appartengono solo alla Puglia ma all’intero Mezzogiorno.

La Dogana della mena delle Pecore (1731) di Foggia – foto di Ettore Timi© – Creative Commons License

Il possibile trasferimento dell’Ufficio Tratturi da Foggia a Bari risponderebbe a una logica di razionalizzazione degli uffici che fu avviata dal Governo Monti; una logica che pur volendo perseguire finalità apprezzabili come il contenimento della spesa pubblica, mira ad operare degli accentramenti delle macchine amministrative e tecniche regionali nei loro capoluoghi. Il che comporterebbe, in questo caso, l’espropriazione di competenze specifiche, di relazioni umane e sociali, e di consuetudini stratificate nel tempo, che da sempre – inequivocabilmente – gravitano sulla Capitanata.

È mai possibile che laddove in altri territori, su molti meno assi di transumanza — dalla Crau alla Camargue, alla Vallestura – altri siano riusciti a mantenere vive un’epopea socio-culturale e un’identità rilevantissime (e sono stati costruiti itinerari, musei e un turismo in lenta ma incessante crescita) e nel foggiano, invece, in un territorio che ha visto l’intrecciarsi di un’infinità di percorsi, provenienti da diverse regioni (Abruzzo, Molise, Campania), non si possa fare altrettanto? È possibile anzi che si rischi di perdere ogni prospettiva, perdendo l’unico elemento ancora esistente di gestione, controllo e memoria di una parte così importante – e in prospettiva ancora viva – della propria storia sociale ed economica?

2 marzo 2020