La Francia casearia non è l’Italia: il Camembert industriale muore prima di nascere

Una forma di Camembert – foto Pixabay©

Il Camembert a latte pastorizzato non si farà. La prospettiva tanto agognata dall’industria francese – quella di poter fabbricare un prodotto similare, distante anni luce rispetto dal vero Camembert de Normandie – è stata scongiurata martedì scorso, 3 marzo, grazie all’esito della votazione con cui l’Odg (Organisme de Défense et de Gestion) Camembert de Normandie era chiamato a decidere le sorti future di una delle Aoc (Appellation d’Origine Protégée, vale a dire le Dop) più importanti del Paese.

Per capire quali siano i meccanismi che in Francia regolano una tale situazione, basti pensare che l’Odg di questa realtà casearia, istituito nel 2007, è stato impegnato per ben due anni – e a fasi alterne – in discussioni e contenziosi complicati e a volte assai cavillosi, a seguito di richieste, pareri e pressioni quasi mai disinteressati e trasparenti, come è prevedibile che accada se la posta in gioco è economicamente elevata e le tradizioni rappresentano da un lato il crinale della mistificazione, dall’altro un vero e proprio baluardo democratico da difendere.

In sostanza, sei giorni fa, l’Organisme de Défense et de Gestion Camembert de Normandie ha finalmente deciso che il Camembert vero è solo quello prodotto in Normandia, nell’areale di produzione storico già definito, realizzato da latte di vacche di razza Normanna, secondo il metodo di produzione tradizionale.

Una decisione presa quasi all’unanimità, dal 97% del corpo elettorale dell’Organisme de Défense et de Gestion Camembert de Normandie, con l’ipotesi di una nuova Aoc che è stata abbandonata dai votanti, dopo diversi incontri tenutisi nell’ultimo biennio presso l’Inao (Institut National de l’Origine et de la Qualité) di Montreuil, nella regione dell’Île-de-France.

Proprio nella sede dell’Inao, un gruppo di lavoro dell’OdG Camembert de Normandie aveva inizialmente raggiunto un accordo di principio (tutta teoria, attorno a cui si erano levate le preoccupazioni dei produttori rurali) per definire le differenze possibili tra l’esistente “Camembert de Normandie Aop” e un eventuale Camembert “fatto in Normandia Aop”, tutto da costruire.

Una delle idee che ne erano scaturite riguardava la possibilità di istituire una doppia Aop, allargando l’area geografica della nascente nuova realtà su quella della produzione tradizionale.

L’ipotesi che era stata tentata – che evidentemente non aveva convinto nessuno o quasi – era quella di formare una nuova realtà legittimata a produrre partendo da latte pastorizzato proveniente da mandrie composte da un 30% almeno di vacche di razza locale Normanna. All’interno di questa realtà conformata ai desideri industriali si sarebbe dovuta comprendere una sorta di “area storica tradizionale” da latte crudo, con un minimo del 60% di vacche di razza locale. La produzione di latte sarebbe così passata dalle 5-6.000 alle 40-60.000 tonnellate all’anno, consentendo di ampliare fortemente raggio di azione e mercato, almeno in teoria, ma esponendo il vero Camembert a rischi considerevoli, ovvero certi.

Secondo una strategia industriale basata sulla palese mistificazione non solo sarebbero stati asfaltati storia e tradizioni locali ma si sarebbe minata l’economia agricola più autentica e rurale di un intero territorio. Si sarebbero visti nascere incertezze e problemi per il futuro dei produttori del vero Camembert originale, che sulla confusione di etichette simili avrebbe perduto vendite su vendite, pressato da una concorrenza ìmpari, operata in maniera spietata sul prezzo, e messo poi in ginocchio dall’aggresività di un marketing industriale contro cui il mondo contadino, anche se organizzato, non avrà mai armi per competere.

Quello che sarebbe potuto essere un incubo per molte famiglie che vivono del proprio lavoro, che producono in maniera onesta e sostenibile, è diventato una lezione di civiltà di un Paese che ancora ha in sé strumenti democratici in grado di difendere i veri valori della tradizione, del territorio e dell’identità locale contro la barbarie dell’omologazione, della sopraffazione, dell’arroganza che per vivere uccide.

Chissà come sarebbe andata a finire questa storia se non fosse stata francese ma italiana, già che in Italia – a quanto ci risulta – nessuna Dop ha un suo Organismo di Difesa e di Gestione. Guardiamoli bene in faccia quindi gli artefici di questo sfacciato tentativo di conquista, per fortuna non andato in porto: la stampa francese ne fa nomi e cognomi, e sono quelli di Lactalis, Savencia e della Coopérative Isigny-Sainte-Mère.

Il primo dei tre, in Italia, è più presente di quanto possa apparire – avendo acquisito, a partire dal 2006 Galbani, e poi Invernizzi, Locatelli, e Cademartori, sino a conquistare, attraverso la controllata Lactalis America, anche Parmalat, e con essa all’incirca un terzo del mercato lattiero-caseario italiano.

Sapremo difenderci dal suo arrogante fare, quando deciderà di spostare le proprie mire e le proprie modalità d’azione dalla Francia all’Italia?

9 marzo 2020