Da sempre il territorio del Mugello, ampia vallata che dal nord di Firenze si protende verso l’Emilia, si dice in grado di produrre un latte migliore, e così dev’essere – rispetto ai latti più industriali – se è vero com’è vero che negli ultimi anni la Mukki Latte ha sempre avuto in catalogo un “Latte Selezione Mugello” che (pur non pubblicando le analisi degli acidi grassi) dal 2013 aderisce ad un progetto di sostenibilità denominato “Latte Sostenibile”. Un progetto che si articola su cinque tematiche del buon fare zootecnico: dalla conservazione della biodiversità, al benessere animale, alle qualità nutrizionali del latte, agli impatti ambientale e socio economico sul territorio.
Una linea di prodotto, quindi, quella della Selezione Mugello, che è andata incontro ad un pubblico propenso a spendere qualche centesimo in più pur di garantirsi un prodotto migliore. Un prodotto superiore agli standard qualitativi della zootecnia più intensiva – sempre più smaccatamente lontani dalla sostenibilità ecologica, dal rispetto dell’animale e del consumatore – da cui una crescente fascia di mercato sta fuggendo. In Mugello si parla di pascolo, e talvolta lo si pratica anche, ma soprattutto si fa e si usa ancora fieno, e anche se il sistema produttivo non ha aderito al modello Heumilch Stg (latte fieno), una piccola parte del mercato locale (non solo consumatori; anche bar, pasticcerie e gelaterie) ha dimostrato di preferirlo.
La vita per gli allevatori mugellani non è certo cambiata di molto in questi sette anni, già che incassare qualche centesimo in più al litro non modifica l’esistenza di nessuno – soprattutto se si allevano poche decine di vacche – ma ora che i centesimi hanno iniziato a ridursi, sotto la spinta sì del Coronavirus, ma soprattutto con la scalata di Newlat all’interno della Centrale del Latte d’Italia (da 41 a 36 centesimi/litro) – le prospettive per quelle famiglie si fanno infauste, e il futuro nero. [continua dopo la pubblicità]
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A pronunciarsi sul “caso Mugello” in questi ultimi giorni sono stati davvero in tanti, dai partiti alle associazioni di categoria (se c’è da parlare, non mancano mai), dai sindaci locali all’assessore all’agricoltura dell’Unione dei Comuni del Mugello, Federico Ignesti. Tutti concordi nell’esaltare le qualità del prodotto di quella vallata, lamentando però il totale disinteresse della Newlat a considerare le ragioni di una piccola componente di allevatori.
Un’analisi puntuale e articolata la fa, dal suo osservatorio “privilegiato”, Leonardo Romagnoli di Radio Mugello, che definisce “ancora più importante l’affermazione che propone per il latte del Mugello un progetto industriale di trasformazione del prodotto che dia più ampie garanzie e remunerazione ai produttori”. Vale a dire quel che asseriamo noi di Qualeformaggio da anni: se si fa qualità reale, il latte non va venduto – o svenduto – all’industria ma dev’essere trasformato in proprio. “Insomma”, continua Romagnoli, “trasformare in loco la produzione di latte creandosi un proprio mercato del fresco e del trasformato. Ma come?”
Una ipotesi Romagnoli la azzarda, mentre in molti – primo tra tutti Ignesti – implorano il Comune di Firenze di intervenire sul Forteto, con una (improbabile) acquisizione del caseificio da parte di Mukki. «Sarebbe interessante conoscere i dati di bilancio del Forteto del 2019», dice Romagnoli, «per fare una valutazione economica di una simile proposta, e il rapporto del Forteto con gli allevatori di ovini in Toscana. Potrebbero essere coinvolte altre realtà locali che già trasformano e commercializzano con una propria rete?” [continua dopo la pubblicità]
«E poi», prosegue il redattore di Radio Mugello, «perché non proporre allora la creazione di una nuova cooperativa di trasformazione che, assorbendo le strutture del Forteto, ampliasse il proprio mercato anche al latte fresco vaccino e ai suoi derivati ? Una nuova struttura capace di chiudere la filiera in Mugello con un nuovo nome e nuovi obiettivi».
Si verrebbe a creare una realtà che – se in grado di ispirarsi alle cooperative di produzione austriache e bavaresi, con tanto di certificazione Heumilch alla mano – potrebbe trovare un mercato non solo locale, pronto a recepire sia l’offerta del vaccino che dell’ovino. Fantasie certo, e anche troppa politica di mezzo per operare qualcosa di concreto, chissà!
In una fase intermedia – perché no? – i produttori di latte del Mugello potrebbero semplicemente accordarsi con il Caseificio Il Forteto per trasformare presso le loro strutture – magari a latte crudo, per diversificare ulteriormente – completando una gamma che non è mai stata troppo ampia come avrebbe potuto essere, e vendendo poi attraverso i canali del Forteto stesso, valorizzando attraverso il marchio “Mugello” sia il lavoro del Forteto stesso sia quello del proprio territorio. [continua dopo la pubblicità]
Staremo a vedere come andrà a finire: la politica di certo si adopererà per sostenere la causa dei propri allevatori, anche per via delle prossime elezioni regionali, previste tra il 15 settembre e il 15 dicembre: chissà che – anche per questo – il futuro del Mugello, e del suo latte, non verranno messi al centro delle azioni dell’attuale giunta.
18 maggio 2020