Pederobba: a rischio il riconoscimento Unesco per il braccio di ferro coi pastori

foto di repertorio – Pixabay©

Vita dura per i pastori transumanti: per quanto essi svolgano uno dei lavori più antichi del mondo, sono continuamente vessati da regole, balzelli e obblighi che la cosiddetta civiltà impone loro. Molto spesso pensati da chi non conosce il loro lavoro, le loro necessità, le loro consuetudini. Oneri a volte impraticabili, che si aggiungono ai già non pochi impegni di chi deve accudire animali ogni santo giorno dell’anno, organizzandosi a puntino per attraversare ogni singolo comune, tra carte bollate, versamenti, comportamenti a cui attenersi.

Ancora una volta, a rimarcare una questione che raramente è affrontata in maniera obiettiva, sono le cronache locali di un’Italia che troppo spesso si occupa a sproposito di paesaggio – spesso con poche competenze per farlo – e di amministratori locali che più che esercitare un ruolo di rappresentanza super-partes, si arrogano il diritto di sostenere una parte contro un’altra (ad esempio i genitori degli alunni, dopo che il gregge è passato davanti ad una scuola, ndr), magari anche perché la prima delle due è quella che li ha eletti. E che forse tornerà ad eleggerli. [continua dopo la pubblicità]

 

La cronaca di questi giorni racconta di un paese – Pederobba, in provincia di Treviso, sulla riva destra del Piave e ai piedi delle Prealpi bellunesi-trevigiane – in cui il passaggio dei pastori arrecherebbe gravi problematiche, di carattere ambientale: dai paventati danni alla flora e alla fauna – su cui pare recriminino cinofili e cacciatori – ai danni al paesaggio, su cui a fare la voce grossa è l’assessore comunale all’ambiente Fabio Maggio.

Fermo restando che, al di là di quanto denunciato dagli abitanti, bisognerebbe verificare se nella fattispecie si tratti di pascolo abusivo (le bestie sono in transito nel paese, ma come impedire ad una pecora di brucare qua e là?, ndr) o meno, sono le affermazioni dell’esponente della giunta a lasciare perplessi.

Secondo quanto riportato martedì scorso 12 maggio dal quotidiano locale online Qdpews, ancora una volta ci si trova di fronte ad una situazione in cui più che reprimere sarebbe opportuno dialogare, e attraverso il dialogo farsi intendere bene, ma anche cercare di ascoltare. Se il percorso effettuato dai pastori (vari pastori in vari passaggi) non soddisfa gli amministratori pubblici o altre realtà che hanno voce in capitolo, perché l’amministrazione locale non studia un’alternativa e non la propone? Perché non instaurare un tavolo tecnico in cui ascoltare anche le ragioni dei pastori, dopo aver accolto quelle della propria cittadinanza? [continua dopo la pubblicità]

 

L’assessore Maggio rassicura: “non è una crociata contro nessuno” e poi “la pastorizia, che affonda le sue radici nella storia di questi luoghi, deve poter convivere con la necessità di valorizzare il nostro territorio e l’ambiente”, ma, e sottolineiamo “ma”, si afferma nel pezzo che “la transumanza deve poter convivere con la nuova sensibilità ambientale”. Parole criptiche, già che i paesaggi delle zone di transumanza sono mantenuti vivi proprio dalle greggi e molto debbono del loro fascino e della loro bellezza agli animali che brucando tengono puliti i prati, evitano il loro inselvatichimento, contrastano i rovi, le spinaie, le infestanti che – quelle sì – deturpano l’ambiente.

Se i danni di cui l’articolo parla, denunciati da vari cittadini dopo il passaggio delle greggi, sono danni nell’abitato, si cerchi di tracciare un percorso idoneo a ridurre il segno del transito al minimo indispensabile. E si consideri che – per un minimo disagio nell’abitato – il territorio che lo circonda riceve di certo da sempre – e gratuitamente – dei benefici in termini di manutenzione del paesaggio.

Appare evidente, in una situazione come quella di Pederobba, una necessità che supera tutte le altre: quella di armonizzare lo scenario, di smussare le posizioni, di raggiungere risultati con ragionevolezza. Per fare ciò servirebbe capacità di dialogo e volontà ad interloquire, per capire i “perché” e i “per come” degli “altri”, prima di decidere. Servirebbe una propensione al dialogo e alla mediazione, che non si rintracciano nelle parole dell’assessore, da cui anzi trapelano intolleranza e rigidità («non abbiamo intenzione di tollerare oltre questa situazione» e «abbiamo deciso di approvare un regolamento molto rigido il più presto possibile»). [continua dopo la pubblicità]

 

Ci auguriamo che qualcuno suggerisca all’arrembante assessore la possibilità di aprire quindi un tavolo tecnico a cui invitare i pastori interessati, ad esempio per studiare i percorsi più idonei ma anche per dettare i tempi massimi delle soste, e l’obbligatorietà per pastore e sui collaboratori di presenziare, durante la permanenza nei luoghi più sensibili.

Il comune sta lavorando al progetto per il riconoscimento Mab (Man and the Biosphere) dell’Unesco, che valorizza “un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente”, sono parole dell’Unesco, “attraverso la tutela della biodiversità e le buone pratiche dello Sviluppo Sostenibile”. Il pastoralismo – e questo all’Unesco lo sanno bene – è uno dei massimi fattori di sostegno alla tutela della biodiversità.

Sarebbe antipatico se i commissari dell’Unesco preposti all’erogazione del riconoscimento venissero a sapere che in un territorio storicamente forgiato dalle mandrie e dai pastori, questi ultimi fossero vessati da regolamenti rigidi (forse l’assessore voleva dire “rigorosi”) e da una intolleranza dichiarata. Dice testualmente il sito web dedicato al Mab dall’Unesco: “che il Programma mira a migliorare le relazioni tra le persone e l’ambiente in cui vivono” e che “a tale scopo utilizza le scienze naturali e sociali, l’economia e l’educazione per migliorare la vita delle persone e l’equa distribuzione dei benefici e per proteggere gli ecosistemi naturali”. Parole che forse l’assessore Maggio farà bene a rileggere, prima di dissotterrare l’ascia di guerra.

18 maggio 2020