Con l’iscrizione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, avvenuta mercoledì 23 scorso, la Provola dei Nebrodi acquisisce l’agognato marchio di protezione Dop (Denominazione di Origine Protetta), completando la procedura (domanda, valutazione, accertamento, protezione transitoria, registrazione) avviata dai portatori d’interesse il 2 marzo del 2018.
L’iscrizione in Gazzetta coincide alla conferma ufficiale di quanto già comunicato al Consorzio di Tutela della Provola dei Nebrodi nel luglio scorso. A garantire la qualità, la conformità e la tracciabilità del prodotto è già stata istituita una struttura di controllo che si occuperà di iscrivere le quattro figure che compongono questa filiera (allevatori, caseificatori, stagionatori e confezionatori) negli elenchi in cui si dichiarano i quantitativi (di latte e formaggio) prodotti.
La Provola dei Nebrodi è un formaggio a latte crudo, prodotti in alcuni comuni delle province di Catania, Enna e Messina, in quattro tipologie (fresca: max 30 gg.; semi-stagionata: 30-120 gg.; stagionata: min. 120 gg.; sfoglia: min 150 gg.; con limone verde: min 90 gg.). Viene commercializzato in forma intera o porzionata, ma anche come formaggio grattugiato, nella versione stagionata.
Il prodotto si aggiunge al novero dei “Formaggi Storici Siciliani” in quanto utilizza metodologie e attrezzature tradizionali come la “tina” in legno, la “ruotula” (per rompere la cagliata) e altri, detti “piddiaturi” (contenitori di legno), “manuvedda” (spatole per la lavorazione della cagliata) e “tavuliere” (tavolo per la sosta della cagliata), che garantiscono la formazione del biofilm che permette la naturale acidificazione del latte e la caratterizzazione del formaggio.
La Provola dei Nebrodi può essere prodotta sia nella classica forma “a pera”, con testa sia senza testa. Sono ammesse altre fogge: con forma ovale e collo corto che si allarga all’apice, oppure con o senza cespo, a seconda degli usi della zona di produzione. La presenza di corde sul collo dei formaggi consente di legare le provole a due a due per appenderle a stagionare.
La pezzatura prevede lunghezze comprese tra i 15 e i 35 cm e diametri tra i 12 e i 25 cm., con pesi che oscillano tra 1 e 2 kg dei freschi e le altre tipologie tra i 2 e i 10 kg. Variabili sono sia la crosta, a seconda della stagionatura e dei trattamenti effettuati (olio d’oliva), sia l’interno, che può essere compatto, sfogliato o finemente occhiato.
In quanto all’aspetto organolettico il disciplinare riferisce di note aromatiche in cui sono ricorrenti erba verde, fieno, acido, burroso e funghi, che evidenziano lo stretto legame con il territorio e l’alimentazione foraggera. Nel caso della versione “con limone verde” si fanno notare i sentori agrumati.
Per gli amanti delle statistiche, si tratta del 5° formaggio Dop siciliano (assieme a Pecorino Siciliano, Piacentinu Ennese, Ragusano, Vastedda del Belice), del 306° marchio di protezione assegnato a prodotti italiani e del 1.480° marchio complessivamente conferito nell’Ue.
Nell’approfondire, purtroppo, si fa notare il grave ritardo del portale web del Mipaaf, che non ha ancora inserito il disciplinare di produzione (il link lo abbiamo trascritto qui ma purtroppo porta ad una pagina bianca), quindi per saperne di più bisogna ripiegare sulle specifiche indicate nella domanda presentata, inserita nel sito web della Delegazione siciliana dell’Onaf (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio).
28 settembre 2020