Predazioni: pastori tirolesi sulla Majella per imparare i segreti dei colleghi abruzzesi

Il gruppo di studio dei pastori austriaci nel Parco della Majella – foto Parco Nazionale della Majella©

Sono arrivati dall’Austria in Abruzzo – per la precisione dal Tirolo sulla Majella – perché gli austriaci non amano parlare tanto per parlare: prima si documentano, scavano nelle storie, si fanno un’idea, e poi – se conveniente – la applicano al loro fare. Stiamo parlando di allevatori, gente concreta, arrivata sin qui grazie al progetto europeo di protezione dai grandi predatori LifeStockProtect coordinato da Eurac Research.

Gente mossa dalla voglia di risolvere il crescente problema delle predazioni, su cui molto del loro fare – i guadagni, una vita di sacrifici, il loro stesso futuro – si è infranto negli ultimi mesi. Una visita di studio quindi, per questa delegazione, motivata dal fatto che proprio lì, nella terra di Ovidio, la convivenza tra lupo, orso e comunità pastorali è in qualche modo stata attuata, forse proprio per il fatto che i due predatori non sono mai scomparsi dal loro habitat naturale.

Gli allevatori austriaci in trasferta, accompagnati da alcuni operatori economici tirolesi, hanno così visitato – insieme ad un gruppo di esperti della European Wilderness Society, ad una ricercatrice dell’Eurac (istituto di ricerca che ha sede in Bolzano) e con i responsabili dell’Ufficio Veterinario del Parco Nazionale della Majella – i pascoli e gli allevamenti che monticano i pascoli presenti nel Parco. Lo hanno fatto per farsi spiegare e per comprendere in quale modo gli allevatori della Montagna Madre abbiano saputo conservare, anzi rielaborare e consolidare, il loro rapporto di convivenza con lupo e orso.

Le predazioni in Austria
I lupi sono di recente tornati in Austria, provenienti da Italia, Slovenia e Germania, e trovano spesso, nei verdi pascoli tirolesi, delle greggi non particolarmente protette, perché la lunga assenza dei predatori da quelle montagne ha fatto dimenticare, per generazioni, l’uso di condurre gli animali al pascolo sotto la custodia continua del pastore e dei cani e l’utilizzo di stazzi protetti per la notte, come invece è sempre accaduto in Abruzzo.

In questo contesto, gli studi multidisciplinari, effettuati dai tecnici dell’Ente (Uffici Veterinario, Monitoraggio e Conservazione fauna selvatica e Monitoraggio e Conservazione della biodiversità vegetale) sugli habitat di pascolo della direttiva 43/92/CEE presenti nel territorio del Parco, hanno fornito una base di informazioni unica e preziosa, che è stata messa a disposizione della delegazione d’Oltralpe.

La collaborazione tra pastori abruzzesi ed ente parco
Ma nulla deve essere dato per scontato, in un racconto che vede e ha visto molte componenti entrare in gioco in dinamiche complesse, nel corso del tempo: agli allevatori abruzzesi va riconosciuto il merito di aver proseguito sì la tradizione antica della buona gestione delle pecore al pascolo ma anche di aver collaborato con il Parco, affinché questa tradizione venisse rafforzata, anche nelle nuove aziende e presso i giovani allevatori. Allevatori che operano in un contesto di speciale tutela, molto bello, ma a volte difficile e anche molto mutato, dal punto di vista ecologico.

Grazie al loro incessante lavoro, gli oltre cento lupi della Majella (stime operate dall’Ente Parco) limitano le predazioni su animali da reddito al 5% del totale, avendo ampia disponibilità di prede selvatiche, come caprioli, cervi e cinghiali (questi ultimi però non facili da attaccare, ndr), ma soprattutto perché gli allevamenti ben custoditi non sono “scelti” dal lupo di frequente: il lupo teme l’uomo e preferisce starne lontano, quando può.

La delegazione austriaca dunque, oltre ad essersi molto interessata agli studi condotti in questi anni dai tecnici del Parco, sono rimasti assolutamente colpiti nell’ascoltare le testimonianze dirette degli allevatori e dei pastori della Majella, che hanno garantito di non aver nessun problema con il lupo, o quanto meno che le rare predazioni che avvengono non costituiscono di certo il problema principale per l’economia dell’azienda.

Importanti sono stati i sopralluoghi compiuti nelle aziende, dove gli allevatori tirolesi hanno potuto apprendere nel dettaglio la gestione degli allevamenti, osservando come i pastori conducono le greggi al pascolo, come lavorano i cani da pastore abruzzesi e quali sistemi di protezione sono stati adottati (recinzioni elettrificate o metalliche), tra quello messi a disposizione dal Parco.

La visita è stata anche una buona occasione di scambio culturale e di vivace discussione rispetto a temi di forte attualità, come l’importanza ecologica del mantenimento di attività di pascolo sostenibili, la qualità dei prodotti, la biodiversità agroalimentare e soprattutto la necessità di maggiore attenzione istituzionale agli allevamenti di piccole dimensioni. Altra criticità evidenziata, quella dell’orientamento che la PAC ha avuto sinora, giudicato dai presenti sin troppo orientato a favore dei modelli di allevamento intensivo. In questo senso ci si augura che i fondi relativi alla PAC 2021 vengano indirizzati al sostegno effettivo di attività piccole e apparentemente marginali, ma fondamentali per l’economia della montagna, per l’identità culturale e la tutela dell’ambiente.

19 ottobre 2020