Al termine di un’accurata attività investigativa e informativa, nella notte tra martedì 12 e mercoledì 13 scorsi, i Carabinieri della Stazione di Berceto e i colleghi del Reparto Tutela Agroalimentare di Parma, hanno effettuato un’ispezione “mirata” in un caseificio con sede in quel territorio.
Nel corso del controllo, i militari hanno accertato la presenza nei magazzini aziendali di 136 chilogrammi di comune Parmigiano Reggiano, pronti per essere venduti come Parmigiano Reggiano “prodotto di montagna”. Inoltre, e molto utile per inquadrare le dimensioni della palese truffa, è stato il reperimento di circa 500 etichette riportanti l’indicazione “Parmigiano Reggiano di montagna”. Tutto il materiale è stato sottoposto a sequestro e il legale rappresentante dell’azienda – un 49enne di Berceto – è stato denunciato.
L’episodio ci dà lo spunto per precisare le norme che regolano la produzione del Parmigiano Reggiano “prodotto di montagna”.
Come riconoscere il Parmigiano Reggiano “prodotto di montagna”
Per produrre Parmigiano Reggiano “prodotto di montagna” non basta che il caseificio sia ubicato in montagna. Dovrà infatti:
- essere iscritto nell’apposito elenco del Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano;
- rispettare i regolamenti n.1151/2012 e n.665/2014 dell’Unione Europea;
- rispettare i dettami indicati dal disciplinare di produzione per quella specifica tipologia di prodotto.
Il caseificio potrà decidere di:
- autocertificare la propria produzione, nel qual caso il prodotto non riceverà controlli ed espertizzazioni e non sarà marchiato dal Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano;
- aderire al “progettò Qualità “prodotto di montagna””, che permette di ottenere dal Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano, attraverso varie espertizzazioni (valutazione esteriore, battitura) e per le sole forme “scelte sperlate” (forme perfette), il relativo marchio di garanzia.
Dal punto di vista della filiera produttiva, dovranno essere garantite le seguenti condizioni:
1. gli allevamenti dei produttori di latte destinato ad essere trasformato in formaggio atto a divenire Parmigiano Reggiano “prodotto di montagna” debbono essere ubicati all’interno delle zone di montagna presenti nell’areale di produzione;
2. nell’alimentazione animale, il 60% della materia secca – su base annuale – deve provenire da zone di montagna;
3. i caseifici produttori debbono essere ubicati all’interno delle suddette zone di montagna;
4. ogni fase di lavorazione di detto latte (raccolta, introduzione in caseificio, riposo notturno nelle vasche, lavorazione in caldaia ed ogni altra fase ammessa dal disciplinare) deve avvenire separatamente e autonomamente rispetto al latte non idoneo, con obbligo di annotazione sul “Registro di produzione”;
5. la stagionatura minima (12 mesi per il prodotto autocertificato; 24 mesi per il prodotto aderente al “Progetto Qualità “prodotto di montagna””) deve aver luogo in stabilimenti ubicati all’interno delle suddette zone di montagna.
La massima garanzia dal “Progetto Qualità “prodotto di montagna””
Quindi, il termine “prodotto di montagna” può essere utilizzato, ai sensi di quanto previsto dai regolamenti comunitari, in pieno autocontrollo da parte del caseificio. A garanzia ulteriore, il Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano, nel 2017, decise di avviare il “Progetto Qualità “prodotto di montagna””, a cui hanno aderito una parte dei produttori aventi titolo per farlo. Il progetto prevede varie fasi di espertizzazione e l’apposizione del timbro di garanzia del Consorzio alle sole forme che alla battitura risulteranno “scelte sperlate”, vale a dire “forme perfette”.
18 gennaio 2021