Il Trento Film Festival volta le spalle alla montagna: lo strappo appare incolmabile

Il dettaglio principle dell’illustrazione di Gianluigi Toccafondo utilizzata per la locandina del festival

Si terrà dal 30 aprile al 9 maggio il 69simo Trento Film Festival, che passerà alla storia come l’edizione dello strappo tra i suoi organizzatori e il mondo rurale. Un epilogo inatteso e sorprendente per i più, che trova spazio nella vera natura e negli interessi che si celano dietro la storica facciata di colto perbenismo illuminato che la kermesse festivaliera ha acquisito, apparendo sinora vicino alla montagna forse più per causa di forza maggiore che non per un vero convincimento.

Anni di rassegne costruite su contenuti a volte nobili – perché una cinematografia onestamente dalla parte di pastori e malghesi, delle loro culture identitarie e dei loro immensi valori esiste – vengono di colpo minate dalla scriteriata decisione di dedicare la locandina del 2021 non ad un mondo sempre più in sofferenza, quindi da sostenere e difendere (quello di chi la montagna ancora la vive sul territorio giornalmente, facendo della propria vita una missione di resistenza) bensì al totem selvatico di un’indecente ideologia urbana: il lupo che tanto piace al popolino e tanto inebria le frange estremiste di un mondo animalista che ben poco sa di etologia e ambiente (se non i quattro slogan che ossessivamente ripetono).

Il lupo, ancora una volta è proposto come mito astratto, in barba ai disequilibri che la sua tutela incondizionata sta creando. È esso – per gli organizzatori di questo happening para-culturale – il simbolo di un festival che assumendo questa scelta ha decretato una rottura difficilmente sanabile con la società rurale, con chi la montagna la vive e la mantiene in vita, ogni giorno, sulla propria pelle.

Come se non bastassero le migliaia di animali da reddito predati – principalmente dai lupi – come se non accadesse che i danni sofferti dai pastori e dagli allevatori venissero solo parzialmente risarciti, ecco che dal Tff arriva la locandina di un lupo rappresentato come dominate di una montagna morta. Una locandina che appare come il presagio di ciò che verosimilmente in qualche centro di potere urbano si prevede, e che forse persino si manovra.

Il lupo, la roccia, la luna – sulla cui sagoma si specchia il muso della bestia – e nulla più sono l’icona che sfida la pazienza di tanta gente che – non solo in Trentino ma in tutto l’arco alpino e ben oltre – raccoglie il messaggio ostile, la sua gravissima dimenticanza e forse peggio la cosciente dimostrazione che quanto costruito sinora dal Tff era forse solo un modo per dare alla manifestazione un’identità, una fisionomia, un tono necessari per caratterizzarsi, per far parlare di sé. E per attivare una macchina apparentemente viva per dieci giorni l’anno ma in realtà attiva e remunerativa più di quanto si possa immaginare. 

Intervistato all’uopo dagli organizzatori per dare enfasi alla presentazione del festival, l’illustratore Gianluigi Toccafondo, autore della locandina, ha deciso di sottolineare la “scelta” di aver «accolto con grande piacere l’occasione di realizzare l’immagine e la sigla per l’edizione 2021» del festival. «Ho deciso di concentrarmi sugli animali selvaggi della montagna», ha aggiunto Toccafondo. «Lo stambecco, l’orso, l’aquila e infine il lupo, un omaggio al “Richiamo della foresta” di Jack London».

Ma è lo stesso presidente del festival, Mauro Leveghi, a smentire una parte delle affermazioni di Toccafondo. Ascoltate: «Il manifesto realizzato per questa 69esima edizione intercetta questioni di stringente attualità e quanto mai urgenti. Come modificare il modo in cui l’uomo si rapporta con la natura e il mondo animale? È possibile la coesistenza, nella ricerca di un nuovo e più avanzato equilibrio, in grado di tutelare il futuro del Pianeta e la stessa sopravvivenza dell’uomo?». Domande retoriche che fanno intendere che il tema a cui dedicare la rappresentazione iconica della manifestazione non è derivato da una scelta dell’illustratore – come da esso affermato – ma è stato a lui commissionato per una scelta ben precisa. Una scelta fatta di interessi, di calcolo, di una posizione che definitivamente pare rivolgersi alla città. E che per farlo ha voltato le spalle alla montagna e ai suoi abitanti.

29 marzo 2021

Sullo stesso tema si legga l’articolo “Trento Film Festival: il cinema di montagna contro i montanari” di Mariano Allocco su Electromagazine