Capecchi (Cia): “Sul lupo basta demagogia sulla pelle dei pastori”

Cane pastore abruzzese con pecora
Una scena tratta dal servizio “Il ritorno del lupo in Italia” di Striscia la Notizia – Canale 5

Botta e risposta sulla crescente presenza del lupo nel nostro Paese, tra la redazione di Striscia la Notizia e la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) di Grosseto. Mercoledì 17 scorso, la trasmissione “Il ritorno del lupo in Italia”, andata in onda mercoledì 17 all’interno del contenitore di infotainment di Canale 5, costruita sulle interviste a Pietro Genovesi, responsabile scientifico Ispra, e a due allevatori: la grossetana Francesca Barzagli, presidentessa dell’associazione Difesa Attiva e l’aquilano Guido Petronio, la cui famiglia da generazioni protegge il proprio gregge con cani pastori di razza Abruzzese. E giovedì, puntuale, la replica di Claudio Capecchi, presidente della Cia di Grosseto.

«Ancora una volta purtroppo», esordisce il responsabile della confederazione agricola grossetana, «siamo costretti, e sottolineiamo “costretti”, a tornare sulla questione dei predatori. Lo facciamo a seguito di notizie emerse durante alcune trasmissioni televisive che, pur proponendosi di approfondire questa difficile condizione, non tengono conto di aspetti fondamentali della questione, a partire dagli ingenti costi aggiuntivi che gli allevatori devono sobbarcarsi per poter lavorare».

«Come Cia Grosseto», prosegue Capecchi, «abbiamo sempre sostenuto che la questione è particolarmente delicata e che le posizioni radicali, da qualsiasi parte vengano, non aiutano. In questi anni abbiamo ribadito che i diversi mezzi di prevenzione, dal cane da guardiania alle recinzioni di ultima generazione, possono sicuramente rappresentare un aiuto contro la predazione, però quello che abbiamo anche evidenziato, perché ce lo testimoniano gli eventi quotidiani, è che nessun sistema è risolutivo».

L’allevatore deve modificare il suo modo di lavorare
Ne consegue che l’allevatore – questa la tesi del presidente della Cia di Grosseto – per poter vivere della sua attività, deve modificare il modo di lavorare: le pecore devono essere messe al chiuso la notte, e durante la giornata deve praticare il pascolo assistito, con un numero di cani da guardiania congruo alle dimensioni del gregge e alla necessità di tenere lontani i predatori. I cani stessi poi andranno controllati, perché potrebbero essere una minaccia per chi attraversa la zona.

«Tutto questo», aggiunge Capecchi, «comporta interventi economici ingenti che quasi mai vengono considerati quando si affronta la questione lupo-pecora, come se fosse scontato che il pastore deve continuare ad investire economicamente per allontanare i predatori. Tenere le pecore al chiuso», invece, «significa dotare le aziende di strutture  più ampie che hanno un costo elevato perché devono garantire la tutela e il benessere dell’animale. Incrementare il numero dei cani», poi, «significa aumentare le spese dei mangimi» e inoltre «dobbiamo considerare la spesa per le recinzioni».

I costi aziendali inesorabilmente crescono
In sostanza, se vuole mantenere in piedi la propria attività il pastore si trova ad affrontare notevoli spese aggiuntive, a discapito del reddito aziendale. «È stato calcolato da enti preposti, e non da Cia», argomenta Capecchi, «che per questo ogni capo ha un costo maggiorato di circa 40-50 euro: un’enormità per il pastore, che non riuscirà mai bilanciare tale esborso con la vendita dei suoi prodotti. Affrontare la questione dei predatori analizzando una sola parte del problema significa fare demagogia. La nostra confederazione ritene fondamentale che il tema venga affrontato in ogni suo aspetto, senza mai omettere quali e quanti sono gli ingenti costi che devono sostenere le aziende per  difendersi dai predatori».

«Consapevoli della complessità della questione» prosegue il presidente di Cia Grosseto, «abbiamo sempre evitato gli estremismi, siamo disponibili a dialogare con tutti e soprattutto abbiamo chiamato la politica ad individuare delle progettualità che consentano alle pastorizia di non morire; a noi, rappresentanti di tutti i pastori, spetta il compito di illustrare la questione con onestà intellettuale: la stessa onestà che ci piacerebbe vedere ogni volta che si parla di questo argomento». 

22 novembre 2021