Predazioni, Messner: “Serve equilibrio, anche le pecore hanno diritto di vivere”

Reinhold Messner
Reinhold Messner – foto Ptolusque© – Creative Commons License

Avevano toccato tutti, vent’anni fa o forse più, gli accorati appelli per salvare il lupo dall’estinzione. Avevano colpito molti le ragioni per cui quel grande carnivoro non fosse più così presente nel nostro, come in altri Paesi.

Un poco alla volta, il predatore è entrato nel cuore di moltissime persone, che lo amano e difendono “a prescindere”, soprattutto senza considerare una benché minima analisi delle molte implicazioni che la sua rapida diffusione porta con sé. Gente che, pur vivendo fisicamente e idealmente lontana dalle campagne e dal mondo rurale – pur non sapendone molto e spesso aggrappandosi a luoghi comuni logori e vuoti – si è schierata col lupo “senza se e senza ma”, disconoscendo il fatto che la specie non è più a rischio d’estinzione.

Un’altra considerazione a cui non sottrarsi riguarda le contraddizioni insite nel comportamento di molti che, se da una parte apprezzano i prodotti tipici più autentici (di origine pastorale, legati alla transumanza, etc.), dall’altra dimostrano la più totale incuranza per la sorte di chi oggi è davvero a rischio: il pastore, la sua attività, le sue produzioni, la sua cultura. E, non ultimo, il presidio dei territori marginali o, per meglio dire, agro-silvo-pastorali, che a tutti piacciono se sono “curati” (pascolati), senza che nessuno – o quasi – si preoccupi di chi e come nobiliti quegli ambienti.

Il lupo è salvo, ma c’è un mondo intero che rischia l’estinzione
A rischio, per l’infinito tributo che sta pagando per tutto ciò, c’è un mondo intero, composto da tante comunità di pastori e allevatori che ancora praticano la zootecnia estensiva. Non si considerino le sole perdite dei capi predati (ovini, caprini, equini ma anche bovini), mai sufficientemente rimborsate, ma anche quelle indirette, che nessun burocrate intende considerare. Perdite legate alle ferite di una parte dei capi aggrediti, ma anche allo stress dei capi non predati (che l’aggressione la vivono, indirettamente), che incide sulla resa lattea e sulla qualità stessa del prodotto. E infine ai capi dispersi, solo talvolta recuperati.

L’importanza di aprirsi a chi la pensa altrimenti
Sulla questione è intervenuto, giorni fa, un personaggio a tutti noto. Un un uomo che nulla ha a che vedere col mondo dei pastori ma che – senza dubbio – ha a cuore la montagna vera e viva, nella sua interezza, non una parte di essa. Un uomo che è guidato da un equilibrio e una saggezza disarmanti, che – se contrapposti alle tesi “lupiste” – fa sciogliere quelle come neve al sole.

Tesi spesso palesemente inconsistenti, sostenute da chi, a cavallo tra politica e accademia (di soldi Bruxelles ne sta facendo girare ancora molti), nutre – è evidente – interessi di parte, o è altrimenti mosso dalla faziosità animalista, da visioni parziali e prospettive monche di chi altro non sa fare che ragionare a senso unico, respingendo a priori ogni visione diversa dalla propria.

Le riflessioni di Reinhold Messner
A intervenire sul tema quindi, mercoledì scorso 26 gennaio, è stato Reinhold Messner, che ha ricordato quanto «il futuro delle Alpi è una sfida importante» e non eludibile, e che «molti contadini e pastori abbandonarono le montagne per lavorare nelle industrie delle grandi città». «Ora i nipoti e pronipoti di quei contadini dovrebbero tornare lassù, ma tanti paesi ormai sono decaduti e abbandonati».

«Il paesaggio» ha aggiunto l’ex campione di alpinismo e parlamentare dei Verdi, «è un immenso patrimonio che va tutelato. Per questo dico “niente pale eoliche sulle Alpi”. Produciamo già abbastanza energia idroelettrica».

Messner, conversando con i cronisti ai margini della conferenza stampa in occasione del passaggio della presidenza Eusalp a Bolzano e Trento, è anche intervenuto sulla “questione lupo”. «Anche la pecora», ha sottolineato, «ha il diritto di vivere e dobbiamo perciò trovare il giusto equilibrio». «Questa discussione però non può essere fatta con le grandi città, perché gli animalisti a Milano, Torino e Monaco sono molti di più dei contadini di montagna, che perderebbero se la questione fosse messa ai voti».

«Le montagne», ha concluso Messner, «danno molto alle città e alla società in Europa, che purtroppo, però, restituiscono poco».

31 gennaio 2022