Secondo il 7º Censimento agricolo dell’Istat nei mesi scorsi, molte aziende agrozootecniche rischiano di cessare d’attività entro i prossimi dieci anni. Per quanto in diversa misura, la situazione in Alto Adige (a rischio l’1,1%) e in Trentino (a rischio il 13,4%) preoccupa molto, per diversi e non trascurabili motivi: lo stretto legame tra l’agricoltura e il turismo, il ricambio generazionale in atto, la cultura del pascolo, tanto diffusa e tanto insidiata dai grandi predatori.
Nelle due province autonome molte piccole imprese si guadagnano da vivere allevando pecore e capre, oltre che vacche, e naturalmente sono preoccupate per i loro animali. A differenza di altri territori, in cui si pensa alla stalla come ad una possibile soluzione alternativa, qua il ragionamento si fa diverso, perché costringere gli animali al chiuso non è un’opzione percorribile, per il semplice motivo che il benessere animale è percepito per quel che è: un’esigenza irrinunciabile di tutta la società. Purtroppo però, con l’incremento dei grandi carnivori, il bestiame in alpeggio non è più sicuro.
I grandi predatori frenano il ricambio generazionale
Quello dei predatori è un fenomeno che toglie motivazioni ai giovani che vorrebbero subentrare ai genitori nell’azienda agricola di famiglia, e a quelli che intenderebbero avviare un’attività zootecnica. La fatica e l’impegno di una vita rischiano di essere vanificati in una notte: questo non deve accadere, e la coscienza di ciò è condivisa da tutti gli attori dello scenario: dagli allevatori ai trasformatori, dalle aziende dell’indotto agli organi istituzionali, tutti sono sensibili al problema, e ognuno dice di voler fare la propria parte.
Una politica vicina agli allevatori
Mercoledì scorso 19 ottobre, presso la sala di rappresentanza del Consiglio regionale a Bolzano, i rappresentanti dell’Agia (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli) di Cia Trentino e dell’Sbj (Südtiroler Bauernjugend, la “Gioventù contadina altoatesina”) hanno presentato ai Consiglieri regionali un documento di sintesi sviluppato congiuntamente sul tema dei grandi carnivori. L’iniziativa ha visto la partecipazione di numerosi parlamentari che hanno dimostrato vivo interesse per le preoccupazioni dei giovani.
«Nel documento di sintesi», ha esordito il presidente dell’Sbj, Raffael Peer, «entriamo in aspetti importanti che non riguardano esclusivamente l’agricoltura, ma includono anche aspetti culturali, turistici ed ecologici. Non volevamo solo criticare, abbiamo cercato di fornire suggerimenti costruttivi che dovrebbero essere implementati nel prossimo futuro».
Grandi carnivori come lupi, sciacalli dorati, orsi e linci si stanno diffondendo rapidamente nella regione alpina e stanno diventando una minaccia crescente per l’agricoltura di montagna, ma non è soltanto l’agricoltura di montagna ad essere in pericolo.
Il sentimento che più si riscontra nella sala consiliare riguarda il paesaggio, e non solo per ragioni estetiche: “Il paesaggio regionale”, è questo il pensiero diffuso, “potrebbe subire un declino fatale per le generazioni future”. Una preoccupazione evidente per l’immagine di un territorio che deve molto della sua bellezza ai contadini, che – con i propri animali e il proprio lavoro – hanno plasmato paesaggi fortemente identitari, unici nel nostro Paese.
L’incremento dei predatori e la fuga dei giovani
Purtroppo però i bei pascoli alpini sono invasi da un numero crescente di predatori, il bestiame allevato rischia di estinguersi, e la cura del territorio viene a mancare, perché già alcune aziende sono state abbandonate. Di conseguenza le specie vegetali si ridurranno, e la biodiversità subirà perdite non recuperabili. Di fronte a queste concrete e gravi prospettive, la principale domanda che Agia ed Sbj pongono è rivolta alla politica: riuscirà ad intervenire tempestivamente per impedire che accada il peggio?
La risposta che arriva dai due assessori all’agricoltura, Arnold Schuler e Giulia Zanotelli, lascia intendere una piena consapevolezza della situazione: «Mettere un animale sotto protezione», concordano i due, «è sempre più facile che revocarne lo status di protezione. Dovremo fare i conti con la presenza dei grandi carnivori in futuro, ma questo non deve rendere impraticabile il pascolo in alpeggio degli animali allevati».
L’assessore trentino rimarca inoltre che «seppur l’articolo 16 della Direttiva Habitat permette l’allontanamento degli animali protetti che rechino danni alle attività economiche, come l’allevamento in montagna, si è dimostrato come l’applicazione di questo principio giuridico comporti conseguenze pesanti per i decisori politici a causa dell’estremismo protezionista di una piccola parte della società urbana».
Due i punti da cui partire
Le richieste emerse dal confronto di mercoledì risultano molto chiare e sono fondamentalmente due. Sono necessarie e urgenti delle basi giuridiche efficienti e coordinate, che consentano l’abbattimento di animali problematici e dannosi; inoltre, il numero esatto di lupi presenti nella regione alpina dev’essere correttamente registrato e archiviato in un database comune.
«La trasparenza e il coordinamento nel riportare il numero dei lupi e degli altri grandi carnivori», argomenta il presidente di Agia Trentino, Alessio Chistè, «dovrebbe giocare un ruolo importante, perché potrebbe risultare che la popolazione è ormai diventata troppo alta e ad esempio, a livello di popolazione alpina, il lupo non è più una specie in via di estinzione. Se si scoprisse che la popolazione fosse molto più alta di quella sancita dalla Direttiva Fauna-Flora-Habitat, lo stato di conservazione del lupo andrebbe modificato».
Un futuro da vivere per i nostri figli
Dal canto suo, Raffael Peer, presidente dell’Sbj, cerca di trasmettere il comune sentire dei giovani allevatori: «Siamo preoccupati anche per il futuro dei nostri figli. Da piccoli quando sentivamo un fruscio nel bosco pensavamo fosse uno scoiattolo; ora no, ora la mente corre agli attacchi del lupo, e c’è paura, tanta paura». «Quello che noi chiediamo, prosegue Peer, «è che anche i nostri figli possano giocare all’aria aperta e nel bosco. Non vogliamo privarli di questa che è un’esperienza formativa caratteristica per il nostro territorio».
Infine, il pensiero dei due rappresentanti dei giovani allevatori va al valore più “alto” della transumanza: la tradizionale pratica pastorale, iscritta nella Lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco nel 2019: «Questa cultura unica, che ci dà un senso di casa», dicono i due, «non deve estinguersi”.
Una situazione grave anche per il turismo
Infine, l’aspetto che più caratterizza il territorio delle due province autonome: in nessun altra regione o provincia italiana l’agricoltura è il turismo vivono e operano così a stretto contatto come partner: i contadini si prendono cura del paesaggio, gli ospiti e la gente del posto possono godere del paesaggio ben curato e dell’elevata biodiversità e utilizzare le malghe come luoghi di relax. È quindi assai problematica – per non dire impossibile – l’introduzione dei cani da guardiania, che oltre a proteggere il gregge sarebbero un forte deterrente per il turista.
Il tema dei grandi carnivori è ormai preoccupante per il grande pubblico, e anche i giovani esercenti e albergatori della regione ne sono coscienti: «Ogni alpeggio abbandonato dai contadini a causa dei grandi carnivori», spiega il presidente di Hgj (Hoteliers und Gastwirtejugend, Giovani albergatori e ristoratori), Daniel Scholzhorn, «provoca il declino dell’allevamento di montagna e della cura del paesaggio alpino. Anche per il turismo questo è un grosso problema, perché i grandi carnivori sono in aumento e gli ospiti hanno paura di orsi e lupi. È quindi necessario che il legislatore intervenga».
La posizione della politica regionale
A suggellare la giornata di lavori è giunto l’intervenuto del presidente del Consiglio regionale Josef Noggler, che lascerebbe sperare in un impegno della classe politica al fianco dei propri contadini, albergatori, ristoratori, e in una parola sola della propria economia: «Quella ricevuta oggi è una richiesta di aiuto dei giovani alla politica. Si può vedere dai numerosi politici presenti che la richiesta di aiuto dei giovani viene ascoltata».
Che dire, quindi? Che le parole non bastano. Buon lavoro quindi agli amministratori regionali, chiamati a dare urgente concretezza alle molte e incondizionate espressioni di vicinanza che hanno avuto per i propri allevatori e contadini.
24 ottobre 2022