
Se da un lato l’Italia vive quotidianamente i problemi relativi alla produzione del latte, acuiti dalla crisi internazionale e dai rilevanti aumenti dei costi, dall’altro il nostro Paese dimostra di poter contare sul potenziale del settore ovicaprino, per quanto solo parzialmente espresso e non ancora ben inserito nelle politiche di programmazione e sviluppo, sia a livello nazionale che territoriale, nelle varie regioni italiane.
«Quello ovicaprino», spiega il presidente di CremonaFiere Roberto Biloni, «è un settore importante che alle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona (che il 2 u.s. hanno ospitato gli “Stati Generali dell’Ovinicoltura italiana“) vogliamo aiutare a crescere, mettendo a disposizione il sistema di rete che sin qui abbiamo creato, includendo chiunque abbia voluto e voglia apportare idee di sviluppo».
“La situazione del comparto lattiero-caseario”, sottolinea l’ente fieristico in una nota stampa, “sta attraversando una fase di forte volatilità. Siamo di fronte ad una congiuntura internazionale con ben pochi precedenti: il latte manca e il suo prezzo continua a salire. Ma sono aumentati enormemente anche i costi di produzione, e gli allevatori reagiscono cercando di contenerli, riducendo gli acquisti di mangime ed eliminando gli animali meno produttivi e a fine carriera”. Per quanto concerne il comparto delle bovine da latte “l’effetto è una minore disponibilità di latte che subisce costanti aumenti di prezzo, e che entro la fine dell’anno salirà a 60 centesimi: il 40% in più̀ di un anno fa”.
Certo che le preoccupazioni permangono, sia in vista della chiusura dei bilanci aziendali, sia per le prospettive, sulle quali incombe la riforma della Pac in vigore dal prossimo gennaio, che andrà a diminuire progressivamente i contributi previsti. E poi di fronte alla crisi emergente ci si domanda come reagiranno i consumatori nei confronti di un’ inflazione crescente, con una diminuzione del loro potere d’acquisto, su cui verrà riversata anche una quota-parte dell’aumento dei costi che ha toccato l’industria di trasformazione e la distribuzione.
“Negli ultimi mesi”, spiegano a CremonaFiere, “i prezzi in aumento al consumo stanno disincentivando gli acquisti: sfiora così il 3% il calo di vendite dei formaggi e dei latticini registrato nei primi nove mesi del 2022, mentre il carrello della spesa per latte e yogurt è aumentato di oltre il 4%. A ottobre, secondo l’Istat, i prezzi su base annua per formaggi e latticini sono saliti del +14,8%. Positivo invece l’export dei derivati, cresciuto sia in valore che in quantità”.
Secondo il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, «dobbiamo far capire ai consumatori che cos’è il tema zootecnico: la battaglia non si vince solo dicendo “no al cibo sintetico”, ma facendo una riflessione sui modelli nutrizionali. Rispetto a un mondo che sta cambiando il proprio modo di alimentarsi, occorre capire quale modello agricolo realizzare. Come Confagricoltura, pur guardando a un futuro diverso, partiamo dall’attualità e dal tema della competitività delle imprese. Per poter costruire economie di scala dobbiamo capire quale modello e quale filiera dobbiamo costruire per andare incontro al consumatore».
«Finalmente», aggiunge Giansanti, «si inizia a discutere in Europa di scienza e di tecnica applicata, ma sui temi della sostenibilità ambientale dobbiamo necessariamente riflettere sul modello che ci viene richiesto. Ci sono realtà zootecniche che sono fortemente avanzate, hanno investito e diversificato anche i ricavi, contribuendo sul fronte ecosistemico (principalmente nella filiera ovicaprina, ndr). È in questa direzione che dobbiamo andare».
La posizione degli operatori ovicaprini nelle parole di Nunzio Marcelli
A chiarire la posizione degli operatori del settore ovicaprino ci pensa Nunzio Marcelli, imprenditore abruzzese, presidente del Consorzio di Tutela Agnello del Centro Italia Igp, e componente della Rete Appia: «Il nostro comparto è riconoscente nei confronti di Confagricoltura per aver posto l’accento sui molti valori e sulle potenzialità che l’ovinicoltura ha in sé».
«Nel trattare di questo settore», prosegue Marcelli, «s’impone la necessità di fare un accenno al trattamento poco attento nelle scelte di politica agricola della Pac: è stato fortemente ridotto il sostegno ad un settore che, come gli altri della zootecnia, sta vivendo uno dei peggiori periodi. Ne è sintomo il mancato incremento dei prezzi alla vendita, in relazione agli aumenti dei costi di produzione, soprattutto per quanto concerne la carne. Per non parlare poi delle molte contraffazioni del prodotto nazionale, troppo spesso sostituito da prodotti d’importazione».
«Una mancata occasione per il rilancio della montagna», aggiunge l’imprenditore abruzzese, «sta nel fatto di non aver tenuto conto di questa evenienza, in quanto al contrario di altre tipologie di allevamento estensivo, quello ovino richiede la presenza costante di guardiania e soprattutto è in grado di creare valore aggiunto come nessun altro settore zootecnico può fare».
«Con Rete Appia», conclude Marcelli, «stiamo lavorando in questa direzione, approfondendo tematiche di natura antropologica, tecnologica e di contesto all’interno di un panorama pastorale molto composito come quello italiano. Inoltre, con l’Igp dell’Agnello del Centro Italia cerchiamo di identificare e caratterizzare un prodotto che purtroppo è ancora oggetto di pirateria commerciale».
Concludendo, per capire il peso che l’ovinicoltura italiana ha nel Vecchio Continente basterà dire che a livello europeo siamo al primo posto nella produzione di formaggi di pecora e al terzo per quella di latte ovino, dietro Grecia e Spagna, e al settimo per le carni ovicaprine.
“Per quanto incida poco più dell’1% (con 0,8 miliardi di euro annui) sulla produzione agricola nazionale e del 4,4% su quella zootecnica nazionale”, sottolinea la nota stampa di CremonaFiere, “il comparto ovicaprino costituisce, specie per alcuni territori, un presidio essenziale e un elemento notevole per la crescita e l’occupazione di alcune aree vocate. Un valore particolarmente rilevante lo assume per le produzioni Dop e Igp”, dove “le carni ovine rappresentano circa il 20% della produzione complessiva nazionale”.
5 dicembre 2022