Puntuali come un orologio svizzero, nella prima metà di dicembre, le pubblicità dei cine-panettoni hanno portato con loro in questi giorni una pessima gaffe di un attore comico, o sedicente tale – Christian De Sica – e le prevedibili polemiche, con colpi (reazioni indignate) e contraccolpi (ritiro del trailer “incriminato”) del tutto scontati.
Che il vino d’Abruzzo possa essere più o meno buono sarà pur lecito affermarlo, e sempre dipende da quale vino si stia giudicando, già che ne esistono di eccellenti (come di pessimi), ma tra ciò è l’affermazione – tranchant – che esso sia “tutto una merda”, ce ne corre.
La battuta incriminata, inclusa sia nel film “Natale a tutti i costi” – in uscita su Netflix il 19 prossimo – sia nel trailer, ha provocato, giovedì scorso, la reazione del governatore della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, che dal proprio profilo Facebook ha prontamente replicato scrivendo all’attore: “Caro De Sica, il trailer del suo ultimo cinepanettone si apre con una battuta poco “sobria” sui vini abruzzesi, che sinceramente ci ha lasciato con l’amaro in bocca…” “Dispiace che gli autori non abbiano avuto la fantasia e l’acume necessari per evitare di recare un’offesa gratuita e ingenerosa, oltre che profondamente ingiusta…” “…minando una reputazione conquistata con tanto lavoro e altrettanta passione…”.
Il messaggio prosegue, tra il serio, il faceto e l’indignato, con un invito in loco, per verificare le qualità enologiche abruzzesi e una bonaria richiesta risarcitoria, ovvero che lo stesso De Sica giri gratuitamente uno spot in favore dei vini abruzzesi.
La querelle, rilanciata da decine di testate giornalistiche nazionali, ha prodotto la reazione di personaggi come Lino Banfi e Vittorio Sgarbi, ma anche e soprattutto quella di chi, operando in terra d’Abruzzo con impegno e dedizione non inferiori a quelle dei migliori vignaioli, ha deciso di dire la sua, non tanto all’attore quanto al proprio presidente, che da buon amministratore pubblico dovrebbe avere a cuore le sorti di tutti i propri “figli”, non solo di alcuni di essi.
Marcelli: “In Abruzzo chi figli (i viticoltori) e chi figliastri (i pastori)”
«Giustamente», esordisce Nunzio Marcelli, presidente del Consorzio di Tutela Agnello del Centro Italia, «il governatore Marsilio, toccato nell’orgoglio, si spende per dire che non era opportuno affermare una cosa del genere sui vini delle nostre terre, per quanto in un film natalizio e di cassetta. Dal canto nostro come operatori del settore zootecnico, in nome degli ultimi pastori e allevatori d’Abruzzo, vorremmo che il nostro presidente usasse il suo peso politico per redarguire anche chi quotidianamente utilizza carne straniera per produrre arrosticini abruzzesi».
Il riferimento di Marcelli va a «quegli “inceppatori» (gli industriali della carne ovina; il riferimento è al “ceppo”, come viene denominato in Abruzzo lo spiedo degli arrosticini) «di cui lui è un paladino. Lui che favorendo con un disciplinare (quello degli Arrosticini d’Abruzzo Igp) le pecore straniere, superiori ai trenta chili (quelle presenti in Abruzzo sono di taglia inferiore) ha penalizzato chi come noi in questa terra vive e produce in territori vastissimi, contenendo la crescita delle erbe, contribuendo alla bellezza dei nostri paesaggi e svolgendo il primo e più importante presidio antincendio, assai meno costoso dei famosi Canadair».
Ancora una Igp che lavora materia prima estera
Per comprendere a fondo i termini della questione basterebbe consultare il disciplinare di produzione degli Arrosticini d’Abruzzo Igp, che prevede solo carni provenienti da animali di peso superiore a 30 kg. E le pecore abruzzesi? Dal momento che non raggiungono più di 24 kg. di peso, vengono di fatto escluse, assieme ai loro pastori – per una scelta della Regione Abruzzo, che quel disciplinare avallò – da una produzione che dovrebbe spettare loro di diritto. Gli arrosticini, nati dai pastori nei primi anni del secolo scorso, sono così finiti nelle mani dei commercianti dei nostri tempi.
Commercianti che, per giustificare una scelta di convenienza, usano improbabili panegirici (nella foto, dal sito web di Cic Carni) attorno alle presunte qualità di carni estere verosimilmente allevate in stalla, che certamente non hanno calpestato i pascoli d’Abruzzo né brucato le loro straordinarie erbe. Ancora una volta in Italia quindi si ripete ciò che accadde con tanti altri prodotti Igp, che di italiano hanno solo il territorio in cui avviene la trasformazione, mentre le materie prime arrivano da Brasile, Olanda, Germania. Vale a dire l’esatto contrario che i consumatori vorrebbero.
«Di sicuro le pecore abruzzesi, come tutte quelle del Centro Italia», incalza Marcelli, «sono più piccole di quelle francesi, olandesi e irlandesi, come è altrettanto sicuro che le nostre, a differenza di tante altre, sono ancora allevate all’aria aperta, al pascolo, con le nostre erbe e il nostro fieno. Per questo e non solo per questo vorremmo che il nostro presidente spendesse qualche parola – e qualche azione – per recuperare anche nel nostro caso l’orgoglio abruzzese dell’appartenenza. A meno che non ci sia qualche disegno, a noi oscuro, che punti a escludere dai premi Pac la componente pastorale».
«Ci viene da pensare, con non poca amarezza», conclude il presidente del Consorzio Agnello del Centro Italia, «che nonostante l’Unesco abbia riconosciuto la pratica della transumanza come patrimonio immateriale dell’umanità, ancora una volta si tornerà a pensare ai pastori solo quando ci sarà da allestire il presepe. Per quanto riguarda la loro attività sarà forse meglio cessarla, lasciando in abbandono ampie aree del territorio regionale, utili forse per favorire gli speculatori e i coltivatori di contributi».
E gli arrosticini davvero italiani? Stanno nascendo nel Centro Italia
Lungi dal vivere nelle polemiche, per quanto sacrosante siano le ragioni da cui scaturiscono, e nella concretezza del personaggio, Marcelli conclude il suo intervento annunciando i presupposti di una vera e propria sfida tra il vero arrosticino italiano e quello d’importazione: «Non sappiamo se il presidente Marsilio risponderà alle nostre parole. Nel dubbio, come Consorzio Agnello del Centro Italia stiamo lavorando ad una nostra Igp con il Gal Abruzzo Italico». «Terminato l’iter burocratico gli italiani saranno liberi di scegliere tra gli arrosticini trasformati in Italia e gli arrosticini che in Italia nascono, sui nostri pascoli».
Una risposta d’orgoglio, certo, ma anche e soprattutto una risposta ecologica, ambientale e di trasparenza.
12 dicembre 2022