
L’accresciuta presenza dei lupi in Europa, e la pressione che ne deriva tanto per il mondo e l’economia rurali quanto per le periferie urbane sta finalmente portando la Commissione Europea a riconsiderare lo status della specie animale più protetta di sempre.
L’organo esecutivo dell’Ue ha recentemente avviato una nuova fase di valutazione complessiva del tema, includendo in essa i principali aspetti derivati dall’importante espansione demografica e dalla diffusione di questi predatori, anche in territori e su popolazioni che – a memoria d’uomo – non sono più avvezzi ad essi.
In tale contesto la Commissione ha quindi avviato i meccanismi che conducono alla fase consultiva che coinvolgerà comunità locali, scienziati e ogni altra parte interessata al fine di raccogliere – entro venerdì 22 settembre prossimo – i dati aggiornati sulla popolazione complessiva del lupo e sull’impatto che essa svolge sulle attività produttive – in particolare su quelle zootecniche – ma anche sulla sicurezza e sulla vita delle popolazioni e degli animali d’affezione (le crescenti predazioni di cani e gatti stanno aprendo gli occhi a molti cittadini sinora poco interessati al problema, ndr).
“Sulla base dei dati raccolti” spiega la Commissione Europea in una nota stampa, “si deciderà su una proposta volta a modificare, se del caso, lo status di protezione del lupo all’interno dell’Ue e ad aggiornare il quadro giuridico, per introdurre, dove necessario, ulteriore flessibilità, alla luce dell’evoluzione di questa specie”.
Provinicia di Bolzano: già allo studio misure per il prelievo del lupo
E così, mentre da Bruxelles si attendono ulteriori aggiornamenti, in Italia qualcosa si muove per rompere uno stato d’inerzia di cui mondo animalista e governo centrale hanno forti responsabilità. Ad attivarsi per definire nuove e – si auspica – efficaci regole che salvaguardino il mondo rurale e larga parte dell’economia locale (settore primario e turistico) è stata la Provinicia Autonoma di Bolzano, che proprio nella zootecnia e nel turismo ha due capisaldi della propria economia e della propria cultura e vocazione.
All’inizio di questo settembre sono intanto pervenuti a Palazzo Widmann i pareri dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dell’Osservatorio Faunistico provinciale. In particolare gli esperti responsabili della Provincia sono giunti alla conclusione che, a causa della complessità dei pareri, è necessaria un’ulteriore e dettagliata valutazione per poter adottare eventuali misure su una solida base giuridica.
A buon punto in Svizzera il collare anti-lupo
Nel frattempo, sempre sulla “questione lupo”, giunge dalla Svizzera notizia circa lo sviluppo di un particolare collare che consentirebbe di tenere lontani i lupi dagli animali da reddito.
Frutto del lavoro di due ricercatori svizzeri, il dispositivo basa il suo funzionamento sui feromoni stessi del lupo, che vengono mescolati a una particolare cera vegetale. Una volta assorbita la sostanza biochimica, altamente repulsiva per il predatore, la cera indurita viene posta all’interno di un piccolo involucro di cui il collare è corredato, esalando nell’ambiente circostante per tre o quattro mesi la sostanza anti-lupo.
L’effetto finale è quello di portare ogni lupo a credere di essere nel territorio di altri lupi, con il conseguente allontanamento degli animali. Attualmente testato su su più di seicento capi bovini ed ovicaprini, il collare avrebbe fatto cilecca una sola volta.
Al momento però, il costo previsto per ogni collare – 25 franchi (26 euro) – non rende abbordabile la risorsa alla gran parte degli allevatori, se si calcola che un’azienda può avere cento capi come anche mille. Non si esclude altresì che i Governi interessati dalla problematica possano inserire la risorsa tra i presidi antilupo finanziabili destina ilIl al la difesa attiva.
Pur continuando a lavorare sul prodotto, testandolo, le aziende coinvolte nella sua produzione – Tibio e Studio Alpino – ne parlando ancora con la massima cautela: “Non vogliamo alimentare false speranze”, dicono. “Vogliamo che sia chiaro che si tratta di un test: al momento i risultati sono molto positivi, ma non possiamo ancora affermare con sicurezza che il dispositivo funzioni. Abbiamo bisogno del sostegno delle autorità e degli agricoltori per poter sviluppare questo progetto insieme”.
Al momento diversi Cantoni, oltre all’Ufam (Ufficio Federale dell’Ambiente), hanno già espresso il loro interesse per il progetto. I ricercatori quindi attendono la fine del prossimo autunno per analizzare una maggior mole di dati e migliorare ulteriormente, se necessario, il loro prodotto.
13 settembre 2023