Causa la nostra tradizionale pausa invernale non siamo purtroppo così tempestivi – come avremmo dovuto e voluto esserlo – nel proporre oggi questa notizia ai nostri lettori. Una notizia di dieci e non di sei o sette giorni fa – essendo il nostro un settimanale – ma al tempo stesso una vicenda – quella d’un Fiore Sardo illegale – che per paradosso avevamo denunciato (e preannunciato) poco meno di sei e dieci anni fa. Curioso, no? Allora stateci a sentire, perché la questione si fa interessante.
Scrivevamo allora, nel bel mezzo di un assordante e complice silenzio dei media, che “…il Fiore Sardo “industriale” a rigor di logica non potrebbe essere prodotto dalle industrie, per il semplice fatto che quel formaggio andrebbe caseificato a caldo (lo chiede il disciplinare di produzione) con latte crudo appena munto (non raffreddato), sul luogo stesso della mungitura…” (23.04.2018) e che quel “…disciplinare parla chiaro: il formaggio va caseificato – a caldo – utilizzando latte crudo. Vale a dire che va fatto sul posto, appena munta l’ultima pecora. Eppure anche l’industria lo fa (o lo farebbe), ma non si sa come…” (12.05.2014).
Bene quindi, e non per modo di dire, ma bene davvero perché una volta tanto Giustizia si fa ed è fatta – anche se incompiutamente, e i perché li vedremo più avanti – in una vicenda grave, gravissima e paradossale, in cui il primo paradosso sta in un sistema davvero mal congegnato – quello delle Dop, dei sistemi di controllo e degli scippi – che ben più colpevolmente di noi ha impunemente lasciato che l’Ingiustizia si compisse per oltre ventisette anni.
Bene. E bene lo diciamo davvero, e davvero forte, perché il sistema industriale è stato esautorato finalmente (ancorché tardivamente) dalle funzioni di controllo e di fatto dalla posizione di colpevole plagio (ufficialmente dal ruolo di “tutela”, ndr) che per per più di cinque lustri ha ricoperto, pur non potendola ricoprire. La cronaca nuda e cruda di questi ultimi giorni la lasciamo raccontare all’Unione Sarda, che lo scorso 9 gennaio ha titolato “Fiore Sardo, stop al Consorzio degli industriali”, già che a noi interessa trattare la questione dal punto di vista storico. E complessivo.
In sostanza il formaggio scippato allora ai pastori torna oggi ai pastori, ma a quale prezzo nessuno lo dice, e solo chi ha subìto l’affronto sa calcolare il danno economico e conosce in cuor suo il danno – morale e sociale – patito.
Di fronte ai quantitativi di “fiore” indebitamente prodotto in oltre un quarto di secolo dall’industria appaiono allora ben poca cosa le 270 tonnellate sequestrate nel maggio del 2022 e le 400 tonnellate ritirate dal mercato nel mese precedente. Calcolò allora la Guardia di Finanza in un milione e seicentomila gli euro (1.600.000,00€) che sarebbero stati indebitamente incassati (è la sola differenza di costo tra il formaggio pregiato e un pecorino “similare”, ndr) se quel blitz di maggio non fosse stato compiuto, e di conseguenza sono due milioni e trecentosettantamila gli euro (2.370.000,00€) quelli dell’aprile di due anni fa.
Quanti allora gli euro (e le lire) dello scippo, nel suo complesso, per un formaggio che è Dop dal primo luglio del 1996? Di sicuro diversi miliardi di euro – l’entità di una manovra economica, una cifra da brividi – che un giorno forse i diretti interessati riusciranno a calcolare, memori – loro sì – di quante aziende familiari hanno dovuto cessare la produzione nel tempo, di quanti ovili e greggi sono andati irrimediabilmente perduti. E di quanto territorio è stato abbandonato.
Il danno quindi è non solo economico ma anche sociale ed etico, e nessuno potrà ripagarlo in alcuno dei suoi aspetti, purtroppo. Per questo motivo la Giustizia fatta oggi non sarà mai e poi mai una Giustizia giusta e completa. Anche se la soddisfazione tra il manipolo di reduci della produzione storica è e sarà, d’ora in avanti, immensa. Oltre che meritatissima.
17 gennaio 2024