Ancora un risultato importante, forse il più rilevante ottenuto sin qui, è stato registrato nella vertenza degli allevatori casertani di bufale contro lo scellerato piano di eradicazione della brucellosi e della tbc bufaline, che negli ultimi anni ha portato all’abbattimento di oltre 140mila capi (di cui solo l’1,4% è poi risultato positivo), alla chiusura di oltre trecento aziende e alla perdita di migliaia di posti di lavoro negli allevamenti e nell’indotto.
A comunicarlo, domenica scorsa 11 marzo, è stato Gianni Fabbris, presidente di Altragricoltura e portavoce degli allevatori bufalini che si battono per la difesa dei loro diritti: «La sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di due allevatori del casertano contro gli abbattimenti ingiustificati di bufale va ben oltre il semplice aspetto tecnico: demolisce i principi su cui si fonda il Piano della Regione Campania». Nella fattispecie ai due allevatori denuncianti furono abbattute seicento bufale per tbc, 34 delle quali (5,7%) risultate poi positive alla malattia.
Le motivazioni dei giudici
Nel pronunciarsi, i giudici dell’organo ausiliario amministrativo hanno decretato che il provvedimento di abbattimento di questi animali manifesta “vizi di carenza di istruttoria e di violazione del principio di proporzionalità, nella parte in cui manca di fornire una valutazione di proporzionalità della misura di stamping out (l’abbattimento totale dei capi) adottata e, ancor prima, un adeguato giudizio prognostico sulla non recessività e sul rischio di diffusione della malattia, poiché nulla riportano in proposito, in quanto non motivano il perché non sia stato ritenuto possibile, ovvero sia risultato sommamente difficile, “risanare” l’azienda sede di focolaio; non specificano i dati sulla base dei quali sarebbe fondato presumere la mancanza di interferenze con altre infezioni e, quindi, ritenere pienamente affidabili gli esiti diagnostici anche in chiave di abbattimento totale dell’allevamento; e neppure illustrano gli ulteriori dati sulla cui base presumere la persistenza dell’infezione a distanza di circa 8 mesi dalla sua rilevazione ultima“.
Fabbris: “Venga eletto un commissario nazionale”
«La sentenza», riprende Fabbris, «accoglie le tesi su cui ci stiamo battendo da due anni e impone una immediata presa d’atto da parte delle istituzioni: ora il Commissario ha la base giurisdizionale su cui rifondare e riformulare un Piano che funzioni davvero». Un Commissario la cui nomina è stata paventata la settimana scorsa dal ministro della Salute Schillaci ma non ancora insediato, purtroppo. «Ogni giorno che passa senza la nomina del Commissario Nazionale», conclude Fabbris, «è un giorno regalato alla mancanza di responsabilità della Regione Campania ed espone aziende, territorio e cittadini a ulteriori e gravissimi rischi».
13 marzo 2024