Era ora: nasce il Presìdio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli

Prato stabile
foto Slow Food©

Un nuovo Presìdio Slow Food verrà presentato sabato prossimo 28 settembre a Torino, nel corso del Salone del Gusto. Un presidio che a nostro avviso poteva nascere molto prima di oggi. “Il progetto”, spiegano i vertici di Slow Food in un comunicato stampa, “è un simbolo del possibile equilibrio tra attività degli esseri umani e natura; una risposta a molte delle emergenze attuali, a partire dalla crisi climatica”.

Ad essere coinvolti per ora sono trenta aziende agricole che producono – tanto al Nord quanto al Centro e al Sud Italia – prevalentemente formaggi da latte di animali alimentati a fieno ed erba provenienti da prati e pascoli ricchi di essenze. Erba che in alcuni casi è somministrata in stalla, ma per lo più viene brucata al pascolo.

Nasce quindi il Presìdio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli, un progetto importante per la rinascita delle terre alte, la rigenerazione della pianura, la conservazione della biodiversità e la promozione di un allevamento amico del clima, della terra, degli animali e della nostra salute. “I formaggi prodotti dai primi trenta allevatori e casari che aderiscono al progetto, custodendo i pascoli e alimentando i propri animali con erba e fieni di prato stabile”, spiega il comunicato, “avranno in etichetta il logo del Presidio Slow Food”. Sono “caci con caratteristiche organolettiche e nutrizionali uniche, che finalmente potremo acquistare e assaggiare”.

Il nuovo Presìdio viene avviato dopo tre anni di lavoro, grazie alla collaborazione di un importante partenariato tecnico e scientifico composto da: DiSAFA (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari) e DSV (Dipartimento di Scienze Veterinarie) dell’Università di Torino, Università di Palermo, Università di Camerino, Institut Agricole Régional della Valle d’Aosta, Fondazione Edmund Mach di Trento.

Prati stabili e pascoli sono l’emblema del perfetto equilibrio tra natura ed esseri umani, tra rispetto dell’ambiente e produzione di reddito, tra mondo selvatico e saperi millenari. Una parte importante della cultura, dell’identità e dei paesaggi delle comunità. Si trovano sulle Alpi, sugli Appennini, in collina, ma anche in pianura, dove ne sopravvivono porzioni importanti. Sopravvivono, ma ogni anno diminuiscono: in montagna e in collina per via dell’abbandono e della conseguente espansione dei boschi, in pianura per l’avanzare di monocolture e cemento. In entrambi i casi anche per l’intrusione di erbe spontanee non idonee all’alimentazione delle lattifere.

«A seconda del luogo, dell’esposizione e dell’altitudine i prati stabili sono diversi gli uni dagli altri», spiega Giampiero Lombardi, docente del DiSAFA dell’Università di Torino. «Solo nelle Alpi se ne contano oltre un centinaio di tipi diversi; da ciascuno di essi deriva un foraggio differente, sotto il profilo degli acidi grassi e dei polifenoli, e questa varietà si riflette nelle produzioni alimentari».

«Praterie e pascoli sono luoghi incredibili», aggiunge l’ecologo Andrea Catorci, responsabile del Corso di laurea in Ambiente e Gestione Sostenibile delle Risorse Naturali all’Università di Camerino, «in grado di competere con le foreste tropicali per ricchezza di biodiversità. Ma, a differenza delle foreste, senza l’attività della pastorizia, quella biodiversità sarebbe compromessa: abbandonati, tenderebbero a diventare prima un arbusteto e poi, col tempo, un bosco». «Per conservare questi ambienti», aggiunge Catorci, «non c’è alternativa alla zootecnia semi-estensiva: quando scegliamo una fetta di quel formaggio (non certo di quello da latte di stalla, ndr), ricordiamoci che dietro c’è un ecosistema molto complesso».

La loro presenza è fondamentale, tanto quanto la loro conservazione. «Se si perde la gestione agronomica e pastorale», conclude Lombardi, «perdiamo anche i prati stabili, e ripristinarli non sarà facile, perché la riconversione richiede molto tempo e denaro. In pianura serve un decennio di lavoro, in montagna ancora di più. Ecco perché vanno salvati, prima che sia troppo tardi».

Età, gestione e valori dei prati stabili

I prati spontanei hanno un’età variabile – da qualche anno a più di un secolo – e rappresentano delle greggi e proprie oasi di biodiversità: di erbe, arbusti, insetti, uccelli e altri piccoli animali selvatici che in quegli habitat hanno trovato il loro ambiente ideale per vivere e riprodursi. In montagna arrivano a contenere oltre cento essenze, in pianura anche quindici, talvolta venti.

Non devono essere arati, dissodati, coltivati e, meno che mai, sottoposti a diserbo o trattati con antiparassitari. Attenzione però: non sono neppure selvatici. I pastori, in particolare, giocano un ruolo fondamentale nella loro gestione e conservazione, sfalciandoli o portando gli animali al pascolo.

Il pasto ideale per impollinatori e ruminanti

Se gli animali mangiano erba e fieno di prato stabile e di pascolo, latte e formaggi sono ricchi di molecole antiossidanti (come beta-carotene e vitamina E), hanno un eccellente rapporto tra gli acidi grassi Omega-6/Omega-3, due potenti antiossidanti, e uno spettro di sapori e profumi più ampio e complesso. Insomma – come da anni spieghiamo dalle pagine di Qualeformaggio – sono più buoni e più sani.

I benefici dei prati non si fermano qui. I suoli ricoperti da prati ricchi di biodiversità sono strumenti molto importanti per trattenere carbonio. Se ben gestiti, i pascoli sono un argine contro gli incendi estivi e le slavine invernali.

Prati stabili e pascoli sono un patrimonio ambientale, sociale, culturale ed economico che può cambiare il futuro delle terre alte, ma anche rigenerare i terreni esausti delle pianure, dove l’allevamento ha perso il contatto con la terra e l’agricoltura intensiva ha compromesso la vitalità dei suoli.

“Il Presìdio”, spiega Slow Food, “nasce per salvaguardarli e farli conoscere, attraverso i cibi legati all’erba e al fieno e altri derivati: latte e formaggi in primis, ma anche carne, uova, miele, lana. Il progetto intende coinvolgere i pastori che custodiscono le praterie sulle montagne, praticando l’alpeggio nei mesi estivi, sugli altipiani, sulle colline, nelle aree più marginali, riconoscendo e valorizzando il loro prezioso lavoro di conservazione ambientale, ma anche gli allevatori delle pianure, incoraggiandoli a riconvertire i terreni sfruttati dalle monocolture”. Per sensibilizzare istituzioni cittadini, Slow Food Italia ha lanciato il manifesto intitolato “Salviamo i prati stabili e i pascoli”, che è già stato sottoscritto da migliaia di persone e centinaia di aziende, enti di ricerca e organizzazioni della società civile.

I prati stabili a Terra Madre

A Terra Madre / Salone del Gusto (dal 26 al 30 settembre a Torino, Parco Dora), un programma di conferenze e Laboratori del Gusto è dedicato ai produttori e alle produttrici del nuovo Presìdio. Il momento per conoscerli tutti è l’appuntamento “Festeggiamo il Presìdio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli”, in programma per sabato 28 settembre alle 10:30. Nell’area “Noi custodiamo Natura”, grazie alla guida di alcuni tecnici della Regione Piemonte, i visitatori potranno scoprire le differenze – di profumo, colore, consistenza –  tra i  fieni provenienti da varie regioni italiane, ma anche riconoscere gli alberi che, nelle terre alte, insieme ai pascoli, contribuiscono a creare lo straordinario ecosistema agro-silvo-pastorale.

25 settembre 2024