La decisione dell’Unione Europea di ridurre il livello di protezione del lupo, che ha preso forma finalmente mercoledì scorso 25 settembre, rappresenta un punto di svolta nelle politiche ambientali del continente. La scelta di declassare il predatore da “strettamente protetta” a “protetta” è stata motivata dall’aumento significativo della popolazione dei lupi in Europa e dalle preoccupazioni di allevatori e comunità locali, che lamentano crescenti danni agli allevamenti – spesso insostenibili – e problemi di sicurezza sia per gli animali di affezione (molti i cani predati) sia per gli esseri umani (l’ultimo caso, agghiacciante, registrato a Roma).
Le ragioni della decisione
L’espansione dell’areale del lupo negli ultimi decenni, favorita da politiche di conservazione scellerate, in quanto a senso unico, ha portato a un incremento dei conflitti con le attività umane, in particolare con l’allevamento di tipo estensivo. Gli attacchi a greggi e mandrie sono diventati sempre più frequenti, causando ingenti perdite economiche agli allevatori e mettendo in discussione la sostenibilità di molte attività zootecniche tradizionali (quelle che presidiano i territori e producono il cibo migliore, più ricco di nutrienti preziosi e insostituibili, ndr).
La decisione di ridurre la protezione del lupo è stata presentata dalla Commissione Europea come un necessario compromesso tra la necessità di conservare la specie e quella di garantire la convivenza con le attività umane. Secondo Bruxelles, le nuove regole offriranno agli Stati membri una maggiore flessibilità nella gestione della specie, consentendo di intervenire con abbattimenti o catture in situazioni di conflitto.
Il percorso legislativo non è ancora concluso
Nonostante il voto positivo degli ambasciatori dell’Ue riuniti nel CoRePer (Comitato dei rappresentanti permanenti), la decisione di ridurre la protezione del lupo non è definitiva, in quanto i ministri degli Stati membri dovranno ancora formalizzarne l’approvazione. Successivamente, la proposta dovrà essere sottoposta all’esame del Comitato permanente della Convenzione di Berna, trattato internazionale che regola la protezione della fauna selvatica in Europa. Solo dopo l’approvazione da parte di detta Convenzione, la Commissione Europea potrà modificare la direttiva Habitat, che ancora garantisce la super-protezione al lupo.
Le criticità e le alternative
Nonostante manchino mesi all’auspicata riduzione della protezione del lupo, questi primi passi che la introducono hanno già suscitato critiche da parte dei “soliti noti”: dalle organizzazioni ambientaliste agli animalisti di ogni genere e specie, che “temono un aumento degli abbattimenti e un rischio per la sopravvivenza del lupo, nel lungo termine”.
Secondo le ormai consunte tesi (esasperante ascoltare i soliti refrain!, ndr) dei suddetti, la soluzione ai conflitti tra uomo e lupo non può passare solo attraverso l’uccisione dei predatori, ma richiede un approccio integrato, che coinvolga misure preventive come la protezione delle greggi, la compensazione dei danni (dimostratesi tutte ampiamente inadeguate) e la promozione di pratiche di allevamento compatibili (l’allevamento in stalla: ecco che animalisti e ambientalisti da un lato, intensivisti e industrialisti dall’altro, convergono verso interessi comuni, ndr) con la presenza dei lupi.
Le sfide future
La modifica dello status di protezione del lupo rappresenta di certo una sfida complessa per gli Stati membri, che dovranno trovare un equilibrio tra le esigenze di conservazione della biodiversità, le necessità delle comunità locali e il sacrosanto diritto dei consumatori a nutrirsi di prodotti animali derivanti da allevamenti al pascolo (animali alimentati ad erba sempre quando disponibile, e fieno quando necessario, ndr).
Per far ciò sarà fondamentale mettere in atto misure efficaci per prevenire i conflitti: dalla paventata creazione di corridoi ecologici, alla tutela dei sistemi di pastorizia estensiva, all’incentivazione di pratiche agricole sostenibili.
Inoltre, sarebbe necessario monitorare costantemente l’impatto delle nuove misure sulla popolazione di lupi (su cui non esistono dati attendibili, già che quelli ufficiali sono palesemente sottostimati, ndr) e sulla biodiversità in generale. Un sistema di monitoraggio efficiente sarà fondamentale per valutare l’efficacia delle azioni intraprese e per adattare le politiche di gestione in base all’evoluzione della situazione, sempre che la potente lobby del lupo – trasversale e transnazionale – si determini a fornire una stima – verosimile se non veritiera – delle popolazioni lupine complessive e locali.
Il bambino aggredito a Roma da una lupa
L’aggressione portata da una lupa a un bambino di soli quattro anni nell’immediata periferia romana, il 10 settembre scorso, ha ulteriormente alimentato il dibattito sulla gestione del predatore. L’episodio, che non è il primo registrato negli ultimi anni, ha contribuito a rafforzare la percezione di un rischio crescente legato alla presenza dei lupi nelle aree urbane e periurbane. Presenza che anche i proprietari di molti cani predati stanno verificando in questi ultimi tempi, loro malgrado, in ogni angolo d’Europa.
Prospettive
La decisione di ridurre la protezione del lupo rappresenta quindi un punto di svolta nelle politiche ambientali dell’Unione Europea deve essere accolta positivamente, per quanto sia giunta tardiva e per quanto al momento risulti pura teoria. Le conseguenze di questa scelta si faranno sentire nei prossimi anni, e sarà fondamentale monitorare attentamente gli effetti sulla popolazione di lupi e sulla biodiversità in generale. La sfida è quella di trovare un equilibrio tra la necessità di proteggere la natura e quella di garantire la sicurezza e il benessere delle comunità locali.
2 ottobre 2024