
La battaglia legale che vedeva coinvolti venti pastori sardi, accusati di violenze compiute nel corso delle proteste del 2019, si è conclusa giovedì 23 scorso con una vittoria per la gran parte degli accusati. Il Tribunale di Sassari ha infatti dichiarato il non luogo a procedere per dodici pastori, mentre per altri quattro – che avevano optato per la messa alla prova – è emerso un difetto di notifica, che ha portato ugualmente al proscioglimento.
I fatti risalgono al febbraio di sei anni fa, quando, durante una manifestazione per il prezzo del latte – già allora troppo basso – alcuni manifestanti fecero irruzione nel caseificio Pinna di Thiesi, causando danni e sversando latte. Un episodio che ebbe grande risonanza mediatica e che offrì lo spunto agli industriali e ai loro accoliti per gettare sull’intera categoria lo stigma della violenza.
E così, a distanza di oltre un lustro, la sentenza del tribunale, ribalta narrazioni di comodo e cronache pilotate, riconoscendo la legittimità della protesta e scagionando la maggioranza dei pastori coinvolti. Una decisione che, se da un lato non cancella gli episodi di violenza che potrebbero essere avvenuti, dall’altro sottolinea come essi siano stati operati da una esigua minoranza, non rappresentativa della categoria.
La lotta dei pastori sardi per un prezzo del latte equo è una battaglia sacrosanta, volta a tutelare la dignità del loro lavoro, la sopravvivenza delle aziende e a preservare le aree interne dell’isola. Un lavoro duro, spesso svolto in condizioni difficili, che meriterebbe un riconoscimento economico adeguato, considerando anche i molti valori sociali, ecologici e tradizionali che il pastoralismo porta con sé.
La sentenza di Sassari, dunque, rappresenta una vittoria importante per i pastori, ma anche un monito alle industrie casearie e alla politica. È necessario un cambio di rotta, un impegno concreto per garantire un prezzo del latte equo e sostenibile, che permetta agli allevatori di vivere dignitosamente del proprio lavoro.
31 gennaio 2025