Disciplinare Pecorino Romano: la Regione Sardegna dice “no” alla deriva delle razze intensive

Pecorino Romano Dop
foto Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop©

Non ha fatto molta strada l’ultima domanda di modifica del disciplinare del Pecorino Romano Dop: partita in dicembre da Macomer, dove ha sede il Consorzio di tutela del formaggio, la richiesta si è mestamente arenata nella sede della Giunta Regionale Sarda, dove l’Assessorato all’Agricoltura ha ben pensato di esprimere parere sfavorevole alle richieste in essa contenute.

Dì fronte al rischio di un’apertura definitiva alle razze alloctone stabulate, Assaf e Lacaune su tutte, già diffuse negli areali di produzione del formaggio (Sardegna, Lazio, provincia di Grosseto), mercoledì scorso, 14 maggio, è giunta la delibera – presentata dall’assessore Gianfranco Satta – che sancisce la determinazione dell’esecutivo di tutelare i sistemi di allevamento tradizionali – estensivi e semi-estensivi – ritenuti fondamentali per il tessuto sociale più autentico dei territori, per preservare la biodiversità e garantire la loro sostenibilità ambientale.

Nell’argomentare la propria scelta, la Giunta Regionale ha precisato che essa “arriva a causa del mancato inserimento dell’elenco delle razze ovine autoctone tradizionali ammesse per la produzione del latte destinato alla trasformazione in Pecorino Romano Dop”. Tale omissione, prosegue la nota, “non risulta in linea con le politiche regionali per il comparto e a tutela dei sistemi di allevamento tradizionali, della sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici e della conservazione della biodiversità”.

Nessun accenno esplicito, purtroppo, alle razze intensive, nutrite prevalentemente a mangimi, contro cui – in futuro come adesso – andrebbe impedito (il condizionale è d’obbligo, ndr) di produrre latte per qualsiasi Dop, essendo in antitesi con i concetti di “legame territoriale” e “buone pratiche” che sottendono la maggioranza, se non tutti, dei disciplinari Dop.

Molte voci contro la modifica: la Giunta non poteva non ascoltarle

Moltissime le voci che nei mesi scorsi si erano levate contro le modifiche; tra di esse quelle dei “Pastori senza bandiere”, di Agrinsieme Sardegna, del Centro Studi Agricoli, di Salvatore Palitta, già presidente del Consorzio di tutela, di tutte le maggiori sigle sindacali e associative: Cia, Confagricoltura e Copagri, Agci Agrital, Fedagri Confcooperative e Legacoop agroalimentare. Ad esse si erano aggiunte, alla fine di marzo, in una mozione univoca, quelle delle Cooperative Cao (Cooperativa Allevatori Ovini), La Concordia, Agriexport Sardegna, Pozzomaggiore, Sa Costera, Pastori Perfughesi, Dorgali e Unione Pastori Nurri.

La posizione di Agrinsieme

Nel commentare la notizia, il presidente di Agrinsieme, Daniele Caddeo ha sottolineato che «Il parere espresso dall’esecutivo va di pari passo con la nostra battaglia portata avanti in questi ultimi mesi, in ambito regionale e nazionale anche con interlocuzioni con il ministero dell’Agricoltura, per la valorizzazione delle razze locali e del loro forte radicamento con i territori dove operano migliaia di allevatori. Il messaggio giunto oggi da Cagliari rappresenta una scelta di campo politica forte e chiara di cui tutti i portatori di interesse coinvolti nel comparto dovranno tener conto».

«Valorizzare le razze autoctone», ha aggiunto Caddeo, «significa puntare a un riconoscimento della qualità del latte che arriva da tutti i territori della nostra isola e anche dagli altri areali di produzione del Pecorino Romano Dop che, per indicazione di disciplinare, sono frutto dei pascoli di Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto. La strada delineata oggi è quella giusta, se si intende sostenere al meglio migliaia di aziende che vogliono ancora fare della qualità produttiva il loro vero punto di forza nel confronto con i mercati globali».

16 maggio 2025