Lupo: il Piemonte guarda al modello francese, la Svizzera presenta i propri risultati

Lupo
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Con l’approssimarsi della nuova stagione d’alpeggio, con le prime transumanze in corso in lungo e in largo nella nostra Penisola, aggregazioni sociali più o meno spontanee includenti realtà pastorali duramente segnate dalle predazioni avanzano le loro richieste per il contenimento dei danni che – anno dopo anno – si sono fatti sempre più gravi, stanti le inadeguate misure risarcitorie e l’impossibilità di attuare sempre e comunque sistemi di protezione passiva (le recinzioni non sono installabili in maniera efficace in tutti i pascoli).

Tra le proposte emerse la settimana scorsa, quella avanzata in sede di audizione alla Terza e alla Quinta Commissione del Consiglio Regionale Piemontese, presieduta dal consigliere Claudio Sacchetto, fa capo ad una ampia ed eterogenea rappresentanza di base, che include Giovanni Dalmasso e Gesine Otten, presidenti rispettivamente del Coordinamento Pastori d’Italia e del Comitato per la salvaguardia degli allevatori del Vco, Marco Bruzzone, portavoce degli Agricoltori Autonomi d’Italia, Vittoria Riboni, allevatrice e commissaria dell’Ente di gestione delle Aree protette, Lilia Garnier, assessore del Comune di Villar Pellice e Luca Maria Battaglini, professore ordinario presso il DiSAFA (Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari), esperto in Produzioni Animali, dell’Università degli Studi di Torino.

Gli allevatori richiedono l’uso delle armi per rispondere agli attacchi

L’audizione, finalizzata a inquadrare l’impatto economico, sociale e ambientale della presenza del lupo nei territori montani del Piemonte, si è sostanziata nella richiesta di ridurre i danni agli allevatori (attraverso il contenimento dei predatori) e nella proposta di intraprendere una strategia ispirata al modello francese, che prevede abbattimenti controllati pari al 20% annuo di tali predatori, che corrisponderebbe, dati alla mano, al naturale incremento demografico della specie.

Per fare ciò, le richieste avanzate hanno riguardato la possibilità di concedere ai pastori l’uso delle armi, per difendere i propri animali dagli attacchi, una maggiore celerità nelle visite dei veterinari per gli accertamenti dei danni e nei risarcimenti, adeguando questi ultimi ai danni reali subiti (oltre ai capi morti e feriti, vanno considerati quelli dispersi, oltre al calo delle produzioni latte dovute agli stress subiti).

Interessanti i risultati registrati in Svizzera

Se c’è un Paese in Europa che sulla “questione lupo” è avanti anni ed anni rispetto agli Stati dell’Unione Europea, quello è la Svizzera. La Confederazione Elvetica rappresenta un vero e proprio laboratorio a cui gli altri Paesi dovrebbero guardare di più e meglio, per definire strategie e azioni inerenti questa delicata materia.

La recente modifica della normativa dell’Unione Europea inerente la protezione della specie lupina, declassata nel dicembre scorso da “assolutamente protetta” a “protetta” ha avviato nei Paesi interessati una ridda di discussioni, ipotesi, proposte di intervento molte delle quali inattuabili se non avveniristiche.

Dal nostro punto di vista crediamo che negli assai lusinghieri risultati ottenuti dal governo elvetico in materia di predazioni – comunicati martedì scorso 27 maggio – i decisori politici europei potrebbero trovare spunti di ispirazione per l’attuazione di misure che al contempo tutelino allevatori, pastori, ambiente e – non sembri un paradosso – la stessa specie lupina.

Nelle due finestre temporali in cui il Governo Svizzero ha attuato la “regolazione preventiva della popolazione di lupi” – dal dicembre 2023 al gennaio 2024; dal settembre 2024 al gennaio 2025 – la crescita dei predatori è stata numericamente rallentata, secondo le previsioni. Il futuro ci farà capire se le azioni intraprese (quali i capi da abbattere e in quali circostanze compiere gli abbattimenti) avranno sortito i risultati sperati sui comportamenti dei lupi stessi (eccessiva confidenza con l’uomo, presenza in contesti urbanizzati, predazioni di cani, ecc.).

Venendo al dettaglio, nel biennio 2024-25, a fronte di un abbattimento preventivato pari a 125 lupi stabilito dall’UFAm (Ufficio Federale dell’Ambiente) i governi cantonali avevano eseguito il prelievo di 92 esemplari (gennaio 2025) rispetto ai 55 prelevati un anno prima (gennaio 2024, quando i prelievi autorizzati erano stati 100) e censito la presenza di 36 branchi, rispetto ai 35 conteggiati l’anno precedente. Numeri incoraggianti, come si vede, tanto quanto quelli che giungono sul fronte delle predazioni, tornate ai livelli del 2021, quando di branchi di lupi in Svizzera se ne contavano un numero non certo ma compreso tra i 10 e i 15.

Gli abbattimenti non guardano solo alla confidenza del singolo lupo 

Ma la parte più interessante del rapporto dell’UFAm non riguarda i numeri bensì le logiche che portano alla selezione dei predatori, valutati nel loro complesso contesto sociale. Logiche alla base delle quali emergono le necessità prioritarie di “educare” la specie lupina, riportandola ad essere schiva, di distinguere con certezza i capi nati nel corso dell’ultimo anno – più facilmente educabili rispetto agli altri – e di non confondere i lupi in dispersione con i componenti dei branchi, in quei territori in cui insistono tanto gli esemplari aggregati quanto i capi che dai branchi originari sono stati allontanati.

30 maggio 2025