
Per quanto breve sia – dieci secondi – il video catturato da una fototrappola (più in basso, in questo articolo) è eloquente: il lupo – solitario – si allontana, mentre il dissuasore lampeggia ed emette un forte segnale acustico di allarme.
Stando a quanto trapelato già alla fine della scorsa settimana, tecnici e dirigenti del Parco Naturale Adamello Brenta avrebbero accolto con malcelato entusiasmo l’esito del test teso a prevenire gli attacchi dei predatori agli allevamenti locali in alpeggio.
Allo stesso modo però, in cui una rondine non fa primavera, un solo test andato a buon fine – per di più su un solo lupo – di certo non deve portare nessuno a gridare vittoria, ma l’indizio appare senza dubbio incoraggiante, e le sperimentazioni per proteggere gli allevatori e i loro animali proseguiranno per tutta la stagione d’alpeggio.
Siamo però certi che la tecnologia applicata sia davvero efficace? E poi, il lupo ritratto nel primo test era a pancia piena o vuota? E cosa accadrà quando l’attacco verrà sferrato da un branco davvero affamato al cospetto di un gregge di pecore? Le domande che si rincorrono l’un l’altra sono molte, anche perché in questi territori sono in azione anche gli orsi.
I test sin qui effettuati per singole specie
A quanto pare sinora in talune situazioni, ma su singola specie, i dissuasori sono stati adottati con buoni risultati, ma sinora – a quanto pare – nessuno avrebbe ancora provato a studiarne efficacia e utilizzo anche sugli orsi.
Il progetto, gestito dall’Unità di Ricerca Scientifica del Parco Naturale Adamello Brenta, coordinato dallo zoologo freelance Andrea Mustoni, in collaborazione con il Prof. Marco Apollonio dell’Università di Sassari e il suo gruppo di lavoro, con gli operatori del Servizio Foreste e Fauna della Provincia di Trento (competenti in materia di gestione e prevenzione) e con i tecnici dei Comuni di Bocenago e Massimeno, sta ancora raccogliendo adesioni di altri soggetti interessati, tra cui enti locali e associazioni allevatori (Rendena, Anare).
Secondo un programma già definito, durante la stagione d’alpeggio i dissuasori acustico-luminosi saranno testati in diverse malghe, valutando anche l’impatto che le segnalazioni emesse dai sistemi avranno sugli animali allevati. Quanto tempo impiegheranno ad abituarsi alle sirene e alle luci stroboscopiche? Come incideranno questi due fattori sul loro benessere e sulle oro produzioni?
Quesiti – non pochi e non semplici – a cui rispondere che già hanno scatenato le orde barbariche animaliste presenti sui social media. Critiche, accuse e qualche minaccia non tanto velata sono presto apparsi tra i commenti in calce ai post del Parco. Commenti a senso unico, come era prevedibile, in difesa stavolta tanto delle specie selvatiche ovviamente, quanto di quelle allevate e “sfruttate” dagli allevatori e nella sperimentazione.
Le repliche del Parco agli animalisti
A tale pressione, concentratasi soprattutto nel fine settimana, l’ente parco ha replicato lunedì scorso, 18 giugno, con un articolo apparso nel blog del proprio sito web e intitolato “Dissuasori acustico luminosi: vediamo come funzionano”. In esso è stato ribadito che “i dissuasori acustico luminosi posizionati dai tecnici del Parco Naturale Adamello Brenta nei pressi di alcune malghe, in collaborazione con gli allevatori, hanno come obiettivo testare delle nuove modalità per prevenire gli attacchi di orsi e lupi al bestiame. In parte sistemi come questi sono già in uso in altre realtà, ma non sono mai stati sperimentati sia sugli orsi che sui lupi, cioè su due specie molto diverse fra loro”.
“Il progetto”, spiegano i responsabili del Pnab, “è marcatamente sperimentale e volto al tentativo di comprendere le migliori forme di utilizzo dei dissuasori nel futuro, nella consapevolezza che possono essere una parte importante delle misure da attuare per diminuire le possibilità che si verifichino predazioni”.
Ma dove sono posizionati i dissuasori? “Solamente lungo il perimetro del pascolo”, spiegano al Parco, “in modo tale che non si attivino al passaggio degli animali in alpeggio. Gli animali domestici non vengono disturbati grazie ad una preventiva graduale fase di adattamento e l’evidenza di campo è che non reagiscono all’attivazione dei dissuasori”.
“I predatori a loro volta non si abituano?”, è la domanda retorica che segue. “In realtà no”, proseguono i tecnici del Pnab, “perché ricevono dissuasioni acustiche sempre diverse. Il suono, variabile e modulabile, viene emesso da una scheda di memoria SD che contiene una vasta gamma di suoni preregistrati (sirena, motore di veicolo, clacson, rumori metallici, rumori di mezzi agricoli e di attività umane, ecc.). Inoltre, per evitare l’assuefazione da parte dei predatori, i dissuasori vengono spostati nello spazio”.
Ad ulteriore chiarimento per quanto abbiano a cuore le sorti dei predatori è stato spiegato anche che “il progetto prevede altrettanto la verifica della presenza dei predatori, monitorandola con una griglia di foto-trappole posizionate su un perimetro più esterno e più ampio rispetto alla rete dei dissuasori. Quindi gli spostamenti dei predatori sul territorio sono continuamente controllati”.
Tanto “altri animali selvatici, quanto anche le persone”, conclude il Parco a chi non lo avesse capito, “possono essere disturbati dai dissuasori solo qualora entrino nel perimetro e solo durante il periodo di funzionamento dei dissuasori stessi”.
20 giugno 2025