C’è un pascolo, in Alta Savoia, nel comune di Le Biot, 517 anime appena, che da sempre è caricato da mandrie di animali. Si badi bene, nulla di insolito: semplici vacche che grazie al loro brucare contribuiscono alla bellezza del panorama, e a rendere autentica – dal punto di vista sonoro – una cartolina che non potrebbe che comprendere anche il tintinnio dei campanacci. Tanto quanto l’aria frizzante e il profumo dei prati e dei boschi riescono a fare.
Si badi bene, Le Biot, oltre ad essere un piccolo paese ai piedi delle Alpi (660 mt s.l.m.) in un passato non tanto remoto – correva l’anno 1975 – rischiò di diventare una località fantasma, toccando il numero minimo di abitanti mai registrato prima: 215 persone appena. Poi una ripresa demografica, grazie anche alla pace e alla bellezza dei luoghi, alle loro sorgenti di acqua, al turismo.
Una cittadina piacevole e autentica – come ce ne sono tante ai piedi della catena montuosa più importante d’Europa – che pochi giorni fa ha rischiato di perdere una parte importante del suo carattere – proprio il tipico suono dei campanacci – a seguito di una petizione presentata da una dozzina di proprietari di abitazioni site in località Col du Corbier.
I firmatari della missiva, indirizzata alla fine di agosto al sindaco Henri-Victor Tournier, si lamentavano della rumorosità dei campanacci, già che le vacche pascolano nei prati di fronte ai loro moderni appartamenti.
Il sindaco, che è in carica da diversi anni (fu eletto per la prima volta nel 2005) e che un po’ il metro con le esigenze dei suoi cittadini deve averlo già preso da tempo, ha così deciso di verificare se gli autori fossero residenti o meno, scoprendo che undici di loro – undici su dodici – non vivono là che per poche settimane all’anno. Una presenza troppo marginale per riuscire a pensare che il proprio sentire non lo sia altrettanto.
Ad ogni modo, armatosi di santa pazienza, il primo cittadino ha deciso di respingere la richiesta senza perdere l’occasione di commentare che la strada che collega Le Biot a Bonnevaux – e che passa sotto quelle case, la RD 32 – è di sicuro più rumorosa (oltre che meno removibile) dei campanacci. Così dicendo e facendo ha comunque tentato una conciliazione intervenendo sull’alpeggiatore e consigliando ad esso semmai – ma solo nella forma del suggerimento – la sostituizione dei campanacci in dotazione, con modelli di dimensioni – e di suono – più contenuti.
A chi lo ha intervistato sul suo rifiuto, Monsieur Tournier ha ricordato che grazie alla presenza di quella mandria l’amministrazione locale risparmia 7mila euro per la falciatura dei prati e l’ambiente si salva dal rumore e dall’inquinamento – quelli sì che darebbero fastidio! – delle falciatrici a motore.
Il sindaco della cittadina savoiarda ha inoltre gentilmente invitato i firmatari della petizione a presenziare al prossimo consiglio comunale di metà ottobre, scoprendo però che nessuno di essi potrà partecipare in quanto in quella data saranno ormai tutti nelle loro residenze principali.
Per quanto già edificante di per sé, questa piccola vicenda dei nostri tempi ci piace doppiamente in quanto ci consente di scoprire una fortuita e curiosa coincidenza: di lì a qualche giorno, dopo che un manipolo di cittadini della civile Francia aveva cercato di opporsi all’inquinamento acustico dei campanacci, il 7 settembre, giovedì scorso, 130 chilometri più a sud, al di là dalle Alpi, si sarebbe celebrata la tradizionale “Sons et sonnettes dans les alpes”, la mostra-mercato dei campanacci che con 26 espositori (19 valdostani, 6 piemontesi e uno svizzero) e 800 campanacci ha rallegrato con i suoi rintocchi e il suo caldo vociare, il centro storico di Aosta. Senza che si sia levata protesta alcuna bensì con un grande seguito di gente – grandi e piccoli – che ha vissuto l’evento per quello che doveva essere: una festa, e l’occasione per qualche acquisto (anche di formaggi, ndr) e un po’ di allegria.
Una cronaca così, una volta volta tanto, non può non riempirci il cuore, con il nostro Paese che, seppur occasionalmente, è riuscito a dare una ”sonora” lezione di civiltà ai cugini francesi, in genere abituati a dirne e farne sempre meglio di noi. Bene, il pensare che a far questo sia stata la nostra civiltà dei campanacci non può che mettere dentro anche a noi tanta ma tanta allegria.
11 settembre 2017