Ogni tanto capita di scoprire che due più due non faccia quattro, e che certe "verità", apparentemente indubitabili, siano fondate sull'errore. Errori spesso dovuti a qualche distrazione, o a superficialità. Altre volte, soprattutto quando divulgati dalla stampa, compiuti per favorire qualcuno, o causati dall'eccessiva fiducia riposta nelle proprie fonti d'informazione.
È accaduto nei giorni scorsi di apprendere dai media che un caseificio lombardo avrebbe prodotto e commercializzato mozzarelle di bufala aggiungendo alla denominazione l'attributo regionale "lombarda", e facendo convivere nella pubblicizzazione della stessa (è in questo aspetto della cosa il vulnus della notizia circolata) il marchio del consorzio della Mozzarella di Bufala Campana Dop. La notizia, rilanciata da decine di periodici e agenzie stampa web, non riporta il nome del caseificio (multato dai Nac di Parma, a seguito di una ispezione congiunta con funzionari del consorzio Dop) ma la nostra redazione – pressata anche da non pochi lettori che chiedevano notizie circa i rischi sanitari possibili – è riuscita ad entrare in contatto con il legale dell'azienda "incriminata", avvocato Alfredo Sagliocco. Questi, dopo aver annunciato che «il verbale verrà opposto entro i termini di legge», ha tenuto a precisare altri dettagli sostanziali.
«Sono state sequestrate solo buste da imballaggio vuote», ha sottolineato Sagliocco, «su cui v’è la dicitura "mozzarella di bufala lombarda" ma assolutamente senza il marchio Dop, né quello del consorzio della Mozzarella di Bufala Campana» e «sono stati fatti, altresì, oggetto di sequestro vecchi depliant che giacevano in deposito. Depliant che accompagnavano la vendita di mozzarella di bufala campana dop, tempo addietro acquistata da caseifici del sud, come si può dimostrare con regolari fatture». Sta di fatto che nessun sequestro è stato disposto sul prodotto né controlli sono stati effettuati su chi produce la materia prima (un allevamento della bergamasca), il che rassicura i consumatori sulla sanità del prodotto "mozzarella di bufala" (Dop o non Dop) circolante nella Regione.
In sostanza due "peccati veniali", per quanto compiuti "alla leggera": l'uno nell'uso di una dicitura regionale non ammessa dalla legge e di un marchio riproducente il marchio della Regione Lombardia (croce "curvilinea" in campo verde) e l'altro nel conservare vecchio materiale pubblicitario risalente ai tempi in cui il locale utilizzava effettivamente mozzarella di bufala Dop.
Ovvio che il fenomeno dei molti caseifici sparsi in Italia (e all'estero) che basano la loro attività sulla produzione di latticini di bufala preoccupa consorzio, produttori e allevatori aderenti alla Dop. Secondo le stime del Consorzio della Mozzarella di Bufala Dop "il mercato parallelo della contraffazione vale ogni anno oltre 100 milioni di euro e produce circa 8 milioni di chilogrammi di mozzarella in Italia e all'estero. Si suddivide in: 1,8 milioni di chilogrammi di mozzarella non dop che riporta marchio dop, con un valore tra i 25 e i 30 milioni di euro, 6-8 milioni di chilogrammi di mozzarella con dicitura mozzarella di bufala ma che non potrebbe indicare questa etichetta, con un valore di 75-100 milioni di euro".
A tale proposito il direttore del consorzio Antonio Lucisano ha sottolineato che «assistiamo alla crescita di un fenomeno inquietante: il tentativo, soprattutto in alcune aree del nord, di appropriarsi indebitamente e illegalmente di un marchio di qualità, che vuol dire tradizione, controlli, genuinità e unicità. Con cadenza quasi quotidiana siamo costretti a leggere di presunte mozzarelle di bufala venete o siciliane, articoli in cui si delineano scenari inverosimili di un futuro prodotto del nord in grado di competere con l’autentica mozzarella Dop, che creano una preoccupante confusione tra i consumatori. Vogliamo ribadire che nel resto d’Italia si può realizzare un prodotto generico con latte di bufala, che nulla ha a che fare con la mozzarella di bufala campana Dop, unica per gusto, qualità della materia prima e per sicurezza, visto che è sottoposta a oltre 10mila controlli l’anno».
C'è da credere che il caseificio di cui si è molto parlato in questi giorni (ma di cui non è emerso, fortunatamente, il nome) proseguirà nella propria attività non senza prima aver eliminato sia l'attuale marchio che l'indebita dicitura "lombarda". E proseguendo nella vendita di "mozzarella di bufala" prodotta alle porte di Milano con latte di bufala della bergamasca. Con buona pace del consorzio, i prodotti dei cui associati – a parità di qualità – arrivano al nord con una mezza giornata di shelf life in meno. Il vero problema verrà risolto quando il sistema della Dop avrà saputo riconquistare l'originaria fiducia del più ampio mercato possibile. Il che ci auguriamo avvenga presto.
22 settembre 2012