9 gennaio 2009 – Maxi operazione dei Carabinieri dei Nas, in provincia di Trento, per il sequestro di due tonnellate di formaggio di malga, a seguito delle intossicazioni di vari turisti, registrate nella scorsa estate dai sanitari dell’Ospedale Civile di Trento.
L’iniziativa, portata a termine alla fine dello scorso anno nelle malghe della Val di Rabbi, di Candirai e Castelnuovo, è culminata nella denuncia di due produttori, i cui formaggi sono risultati contaminati da Staphylococcus aureus, batterio che si ritrova in concentrazioni importanti nel latte munto da animali affetti da mastite (infiammazione della mammella). Le indagini, disposte dalla Procura della Repubblica di Trento, hanno coinvolto nelle analisi di laboratorio l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e le Unità Operative d’Igiene e di Sanità Pubblica Veterinaria di Trento e di Cles e hanno avviato una più generale e straordinaria attività di controlli in tutto il Trentino Alto Adige.
A seguito dell’episodio, che ha trovato ampio risalto sulla stampa locale, si sono levate le voci dei sostenitori dei prodotti più autentici, tra cui quelle dell’assessore provinciale all’agricoltura Tiziano Mellarini («credo nella loro professionalità e si continuerà nella promozione di questi prodotti di nicchia») e del vicepresidente della Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai, Oswald Tonner.
Secondo Tonner «questi incidenti possono capitare anche nella produzione industriale» e se accadono in malga è anche perché spesso «le vacche (di sovente “nate” per una zootecnia di pianura ma oramai diffuse in alta montagna con la profferta di rese lattee da record, ndr) si nutrono in altura di mangimi industriali» anziché «di erba di montagna». Con queste affermazioni Tonner ha voluto rispondere alle tante e strumentali illazioni giunte dalla parte “industrialista” del mercato, che sono rimbalzate dalle pagine dei quotidiani in questi giorni e che hanno additato la “scarsa igiene delle malghe” come principale causa del problema.
A entrare maggiormente nel merito di questo aspetto della questione è il professor Luca Battaglini, docente universitario presso il Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Torino, da noi intervistato per l’occasione: «è discutibile», ha sottolineato Battaglini, «dare la colpa alla malga in quanto possibile “fucina” di microbi di questo genere».
«Certo è, ha proseguito l’accademico piemontese, che questo tipo di mastiti sono la piaga di aziende che possiedono animali ad elevata produttività, con un sistema immunitario più fragile, specie se esposti in ambiente alpino, e che, in condizioni di stress adattativi, possono essere colpiti dalla malattia; questa tipologia di mastite (stafilococcica) attraverso la liberazione di enterotossine, resistenti anche ai trattamenti termici, può portare a contaminazione della derrata. E’ da aggiungere che l’intossicazione dei turisti non è detto sia necessariamente da imputarsi “univocamente” al consumo di formaggi, data l’ubiquità del patogeno su molte altre derrate ».
«Sono convinto», ha concluso Battaglini, «che certi problemi, assai frequenti oggi, nascano più che da pratiche igieniche insufficienti, da ambienti con meno competizioni microbiche e antibiosi naturali, anche effetto dell’uso spesso indiscriminato di disinfettanti, e che nascano già nelle stalle di pianura, lasciando spazio allo sviluppo nell’animale di ceppi enterotossici che una volta non esistevano o che, quantomeno, erano per l’appunto “contrastati” naturalmente».