I risultati delle analisi di fine autunno non avevano dato speranze, e la mattanza è arrivata: l’ennesima da quando la maledetta fabbrica ha iniziato a sputare veleno sugli abitanti e sul territorio che la accoglie, da quel lontano 1964 in cui fu inaugurata. Il superamento dei limiti di diossine e Pcb diossina (fissati dal Regolamento della Comunità Europea n. 1881/2006), accertato allora nel 30% dei campioni di latte analizzati in sette allevamenti nel raggio di 15km dall’Ilva, aveva fatto presagire che il provvedimento sarebbe presto giunto.
Ed ora che i servizi veterinari della Asl di Taranto hanno decretato l’abbattimento di altri trecento capi ovicaprini (di due aziende, site nelle località di Statte e Monteiasi), sono poche le voci di chi tenta di opporsi ad un’epilogo oggettivamente evitabile, se solo la ragionevolezza prevalesse sul freddo rispetto delle leggi.
«Rivolgo un appello alla Regione Puglia», ha dichiarato martedì scorso Angelo Bonelli, presciente della Federazione dei Verdi, «affinché le pecore e le capre contaminate non siano abbattute, e sia individuato un luogo dove lasciarle tranquille». Nel dire questo Bonelli ha sottolineato che «il Governo non fa nulla per affrontare l’emergenza sanitaria e per risarcire gli allevatori: ricordiamo che sono oltre settecento gli agricoltori che per via dell’Ilva hanno perduto il lavoro».
«Tutto questo avviene», ha concluso Bonelli, «mentre il Governo si appresta ad approntare un provvedimento per commercializzare l’acciaio sequestrato dalla Procura. Intanto però, lo stesso governo non fa nulla per affrontare l’emergenza sanitaria e per risarcire gli allevatori danneggiati dalla diossina. Disoccupazione, crisi sociale, inquinamento, aumento della mortalità, animali abbattuti: a Taranto si delinea una situazione simile ad uno scenario da guerra di fronte al quale ribadiamo la richiesta di sequestro dei beni dei Riva, per garantire le bonifiche e creare lavoro, riparando ai danni di un inquinamento senza precedenti
Dal canto suo, il presidente di PeaceLink Alessandro Marescotti ha tenuto a ricordare «a tutte le forze politiche, così solerti verso il gigante dell’acciaio, che giace da mesi un progetto di legge scritto, firmato e proposto dai cittadini di Taranto per risarcire gli allevatori danneggiati dall’inquinamento. Averli dimenticati in questi anni», aggiunge Marescotti, «è una vergogna. Nelle intercettazioni non c’è un solo politico che si dimostri preoccupato della diossina finita nelle pecore. Anche gli allevatori sono lavoratori. E sono stati abbandonati».
In una dichiarazione rilasciata alle agenzie di stampa l’allevatore Vincenzo Fornaro, a cui per primo sono stati abbattuti i capi di bestiame nel 2010, ha infine sottolineato che «mentre il Governo si appresta ad approntare un decreto per commercializzare l’acciaio sequestrato dalla Procura di Taranto, dimentica invece completamente la nostra emergenza e non fa nulla per risarcire gli allevatori danneggiati dalla diossina».
15 dicembre 2012