Tutti in paese la chiamano "la strage degli innocenti": oltre duecento bufale mandate al mattatoio per sospetta tubercolosi ed in sede di esame post mortem invece risultate sane. I loro proprietari, per salvare il mercato ed il prodotto ed il nome della valle dell’Amaseno, hanno deciso di subire la mattanza. "Stamping out, per l’allevamento ma la tbc è stata riscontrata su capi zero", c’è scritto sul carteggio che il sindaco (è anche medico di base) Giannantonio Boni ha richiesto al direttore del Dipartimento veterinario della Asl area A, in pratica quello del comprensorio di Ceccano.
Il primo cittadino ha richiesto tutta la storia della tbc ad Amaseno su una popolazione di circa 14mila capi dal 2010 ad oggi. Questi i numeri: al 31 dicembre del 2010 sono risultati indenni 315 allevamenti su 315 per un totale di 14.627 capi; al dicembre 2011, 308 allevamenti su 309 per un totale di 15.195 capi; al 30 novembre 2012, 289 su 290, su un totale di 14.759 capi. Nessuna positività alla Tbc riscontrata nel 2010, sei casi accertati nel 2011 e 2 nel 2012, nonostante i dubbi di positività fossero alle prime prove ben più alti, 8 nel 2011 e 11 nel 2012.
«Non è mai successo che al normale atto di macellazione sia risultato positivo un solo animale», spiega il sindaco, «i casi positivi sono solo riscontrati in allevamenti sottoposti a monitoraggio ed a distribuzione di latte sospesa, questo è fondamentale». Sarebbe lungo e complesso il discorso, dicono dai tavoli tecnici permanenti che il comune di Amaseno e gli allevatori con il presidente Cab (Consorzio Allevatori Bufalini Valle dell'Amaseno, diretto dall'ingegner Salvatore Rinna) hanno predisposto proprio per garantire al consumatore un prodotto sano ed agli allevatori uno spazio operativo dove poter gestire le crisi e fronteggiarle. «Vogliamo controlli continui e mirati», dicono gli allevatori, «perché le nostre aziende sono sane». Ed è un peccato, davvero un peccato grande che gli allevatori vengano sottoposti ad un regime sanitario così ferreo e al tempo stesso basato su un approccio scientificamente fallace se non forse, secondo più di uno degli interessati, di stampo persecutorio.
Un peccato che tutto ciò accada proprio qui, dove la determinazione a fare qualità reale e a rilanciare l'attività del comparto bufalino è tanta. Come non pensare al rinnovato slancio di chi, non più di qualche settimana fa, ha deciso di lanciare sul mercato i primi yogurt di latte di bufala prodotti nel territorio laziale. Interamente lavorati con latte proveniente dagli allevamenti della Valle dell’Amaseno, sono già stati proposti dai cuochi di zona come base da dessert e merende per ragazzi. Cremosi e vellutati, docili ad ogni abbinamento, rappresentano una nuova frontiera gastronomica con potenzialità importanti.
Il primo caseificio a produrli e distribuirli è stato lo “Shop Point” di Dario Bonomo, a Villa Santo Stefano, uno dei paesi del distretto in cui l’economia è determinata proprio dall’allevamento bufalino. Nel neonato punto di trasformazione i gestori sono sia allevatori che produttori di latte, e membri del Cab. Attorno ad un progetto come questo, gli allevatori della Valle dell’Amaseno hanno deciso di fare sistema, di creare un comparto competitivo e soprattutto di non essere solo produttori di latte, ma anche trasformatori. Nel giro di dieci anni sono sorti così sei caseifici che lavorano ottima mozzarella di bufala in maniera artigianale, con pasta filata interamente di latte fresco di bufala locale.
Il comprensorio vanta una popolazione di 14mila capi bufalini, gestiti da duecentocinquanta aziende agricole, su una popolazione di 4mila abitanti. Tornando allo yogurt di bufala il suo successo è stato enorme, tanto che i ristoranti di zona tipo il Ditirambo di Castro dei Volsci – Albergo Diffuso, lo hanno già eletto base per squisiti dessert. Anche gli impianti di produzione casearia presenti nel comune di Amaseno stanno sperimentando sia gli yogurt che i formaggi molli da proporre sul mercato accanto alla mozzarella e alle caciotte di bufala, leggermente salate: uno degli alimenti che dopo la mozzarella, tirano di più.
12 gennaio 2013