Sta ormai giungendo ad ogni unità produttiva del settore lattiero-caseario la nota n.855-P con cui il ministero della Salute, d’intesa con quello delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e con l’Istituto Superiore di Sanità, ha ufficializzato le linee-guida sulla “Contaminazione da aflatossine nel mais e nella catena alimentare”, per quanto concerne le procedure per gestire la contaminazione provocata da queste micotossine nei derivati del mais e nei mangimi attualmente sul mercato.
La situazione di criticità, già verificatasi negli anni passati, assume quest’anno dimensioni assai gravi a causa dalle particolari condizioni climatiche verificatesi nella scorsa stagione produttiva. Le linee-guida ministeriali contengono le “procedure per gestire tale emergenza a livello di autocontrollo da parte delle aziende interessate e dei settori mangimistico e alimentare, con l’obiettivo di ridurre i livelli di aflatossine nel mais mediante tecniche di pulizia o altro trattamento fisico”. In sostanza, le condizioni climatiche verificatesi in Italia lo scorso autunno hanno determinato un’accresciuta contaminazione da aflatossine nelle produzioni di mais 2012, oltre i limiti fissati dalla normativa comunitaria. Questo fenomeno, che riguarda principalmente la granella di mais usata nell’alimentazione da insilati e nella formulazione dei mangimi può trasferire il problema (aflatossina B1) dagli animali al latte, e da questo al formaggio.
Da necessaria profilassi sanitaria (necessità di salvaguardare la salute dei consumatori e degli animali da reddito) deriva ora l’attuazione di questa disposizione sanitaria, che rischia di diventare, in determinate situazioni (nel caso di aziende già provate da altre e non poche problematiche), la classica goccia che fa traboccare il vaso, visto che la misura riguarda anche altre colture, come quelle cerealicole e foraggere utilizzate nelle aziende agricole a ciclo chiuso.
Nella rilevanza del problema, lascia inoltre sconcertati la differente applicazione da parte delle varie amministrazioni sanitarie regionali: alcune che sostengono gli allevatori con congrui finanziamenti pubblici, altre che lasciano i costi delle analisi a totale carico degli allevatori. Tra queste spicca la Regione Toscana, che da tempo non si fa problemi a scaricare ogni onere verso il basso (è eloquente l’abbattimento di 30mila capi ovicaprini dal 2005 ad oggi nella sola provincia di Siena e per il solo sospetto di scrapie, ed appare lontano anni luce dalle misure praticate in altre regioni), forse che rivendicare un atteggiamento “forte” e “integerrimo” possa servire a lor signori per paventare una serietà che nel concreto è tutta da dimostrare. A meno che non si vogliano confondere autorevolezza con autoritarismo. O che si faccia di tutto per non capire che autoritarismo fa rima con autolesionismo.
9 febbraio 2013
Per sapere cosa sono le aflatossine, clicca qui.
Il documento del Ministero della Salute è scaricabarile cliccando qui (pdf, 2,2 Mb).