I monaci di Bosnia salvano il proprio tesoro caseario

Padre Tomislav mostra il ''suo'' formaggio, tornato a nuova vita grazie alla consulenza dei confratelli francesi dell'Abbaye du Mont des CatsI frati trappisti del monastero Marija Zvijezda di Banja Luka, in Bosnia, si stanno impegnando per recuperare un antico formaggio della tradizione monastica locale, la cui tecnica di produzione è stata tramandata oralmente dalla sua origine, risalente al 1882. A quanto è dato sapere sino ai primissimi anni del XX secolo il prodotto era particolarmente apprezzato alle corti di Vienna e di Belgrado (e da lì era in parte inviato verso gli Stati Uniti) ma a seguito dapprima dell’ingerenza sovietica (dal 1946) e poi sino a tutta la guerra dei Balcani (1992-95) scomparve dal commercio per rimanere limitato al consumo della comunità monastica (i frati ricevevano il latte dai contadini della zona e lo trasformavano in formaggio). 

 Come per tutti i prodotti della tradizione tramandati per via orale, il formaggio rischiò di scomparire con la morte del suo ultimo autore, frate Mohor, che per lunghi anni era stato il casaro del convento, deceduto nel 1996. Da allora varie iniziative sono state tentate, coinvolgendo i suoi pochi confratelli che avevano collaborato con lui, chi per un aspetto,  chi per un altro, le principali nozioni tecniche ad esso legate. In questi ultimi anni, uno di essi, frate Tomislav, ha avuto modo di occuparsi della cosa in prima persona, e d’intraprendere vari viaggi di studio presso l’Abbaye du Mont des Cats, nel nord estremo della Francia, sino a riportarlo in produzione. Poi, più di recente, una serie di verifiche sulle caratteristiche del formaggio – denominato “Trapist Sir” (formaggio trappista) e recante in etichetta nome ed effige del monastero “Marija Zvijezda” – e sulla sua stagionabilità, tutte superate brillantemente, hanno rilanciato il prodotto verso la ripresa della commercializzazione al dettaglio in alcuni negozi della Bosnia nord occidentale e della Croazia. Finalmente in tempo per contrastare la sua “brutta copia” nata nel frattempo da qualche pessima industria di non si sa bene quale Paese e circolante da qualche anno in Bosnia.

 

 Il monastero, che nel periodo di maggior fulgore ospitava 265 monaci (era una delle realtà trappiste più grandi del mondo), è oggi custodito da appena tre di essi. Gradualmente e con l’aiuto di varie istituzioni hanno ripreso a dare lavoro ai pochi abitanti (cattolici) della zona, sino a sostenere l’apertura della Cooperativa Agricola Livač nata nel 2008, poi completata con la realizzazione del caseificio, che oggi è in grado di lavorare 24 tonnellate di formaggio all’anno, sotto l’occhio vigile di frate Tomislav.

 

Il “Trapist Sir”, di pezzatura compresa tra il chilo e mezzo e i due chili, è prodotto a latte intero e pasta semidura e viene stagionato 90 giorni prima della commercializzazione. Oltre ad esso i monaci producono anche vini, liquori e distillati provenienti dalle erbe e dai frutti del luogo. A venti anni dalla terribile guerra civile il sorriso torna timidamente ad affacciarsi sui volti di questa gente, grazie anche a quella stella dell’universo caseario che è tornata finalmente a brillare.

 

16 giugno 2013

 

Per saperne di più

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