Il tesoretto abruzzese? 3.500 posti di lavoro dal settore ovi-caprino

Un'immagine della transumanza di Parco Produce, da Anversa degli Abruzzi (600 mt slm) al Piano delle Cinque Miglia (1600 mt slm)
Un’immagine della transumanza di Parco Produce, da Anversa degli Abruzzi (600 mt slm) al Piano delle Cinque Miglia (1600 mt slm)

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, una lettera aperta di Nunzio Marcelli, presidente dell’Arpo (Associazione Regionale Produttori Ovicaprini).

3.500 posti di lavoro solo in Abruzzo: in tempi di crisi, sembra un miraggio, eppure c’è chi dice che è possibile. Come? Basta fermare una deriva che rischia di svuotare completamente il territorio abruzzese del suo  “tesoretto”: i terreni. Terreni adesso incolti, ma sui quali si possono allevare animali da pascolo, soprattutto capre. 

Non è l’ennesima uscita di qualche new-economist alla ricerca di facile pubblicità, ma il risultato pratico dei calcoli fatti da chi da decenni conduce questa attività. E non vuole svenderla per favorire speculazioni poco trasparenti. 

Il mercato del latte di capra è in crescita: per la sua maggiore qualità, per la ricchezza di fattori nutritivi, per la possibilità di utilizzo anche in persone con problemi di allergie, sempre più diffuse. Allora perchè si importa latte di capra dalla vicina Francia? Perchè l’applicazione delle regole europee, in Francia, da sempre avviene con molta più attenzione a proteggere il prodotto nazionale, finendo per creare un’illusione anche nel nostro paese, dove si crede che “caprino” e “francese” siano sinonimi. 

Ma l’Abruzzo, da millenni terra di pastori, non ci sta: e allevatori e pastori dimostrano, con numeri e dati, che dare lavoro si può. Purchè si voglia. Altrimenti si creerà un nuovo latifondo improduttivo, tutto legato allo sfruttamento del mercato dei “titoli” europei, con i relativi contributi.  A beneficio di chi? Non sta a noi dirlo, ma sta di fatto che alcune società che fanno incetta di contributi Pac sono già finite sui giornali, e avevano sede più vicino a Padova che a l’Aquila. Se poi tutto questo contribuisca a sostenere lobby che rimpinguano le casse di qualche movimento, proprio quando si discute di taglio del finanziamento pubblico ai partiti, lasciamolo alla cronaca: quel che a noi  importa è di non compromettere il futuro delle nuove generazioni svendendo il nostro “tesoretto”.  3500 posti di lavoro rappresentano, in un momento di crisi, un’occasione da non perdere che  questa economia tradizionale ha da offrire.

La proposta è molto concreta, e consta di due punti cardine. Uno, salvare subito il territorio dalla  svendita a società che fanno solo speculazione sui fondi europei. Il Governo e le Regioni possono, come avviene in Francia e negli altri paesi europei, chiedere che all’erogazione dei contributi corrisponda un’agricoltura reale e attiva, e non solo “di carta” come avviene ora. Due: mettere a frutto questo patrimonio offrendo ad una rete di micro-imprese i necessari servizi alla produzione e alla commercializzazione. Anche qui si guarda all’esperienza francese:  con un mercato potenziale in crescita, basta un piccolo gregge per un’attività redditizia, purché ci sia assistenza tecnica alla produzione e alla commercializzazione. 

Una proposta che non manca di attirare l’attenzione dei suoi potenziali, numerosi clienti, sia sul fronte del consumo che su quello della produzione: purché si scelga di investire, anziché di svendere questo territorio. 

Che risponderanno Governo e Regione? Accetterano di incontrare i Comitati di allevatori e pastori, o continuerà la svendita dell’ennesimo “tesoretto”? 

Nunzio Marcelli, presidente Arpo (Associazone Regionale Produttori Ovicaprini)

2 settembre 2013