20 aprile 2009 – Grande successo di pubblico per i produttori aderenti all’Associazione Valli del Bitto presenti con un proprio spazio alla manifestazione “Arte da Mangiare”, svoltasi lo scorso fine settimana presso i chiostri dell’Umanitaria di Milano.
Oltre ad aver registrato il tutto esaurito nelle degustazioni dei Salotti Gastronomici, lo stand è stato frequentato da un pubblico interessato, che oltre ad assaggiare il celebrato Bitto storico ha dimostrato un interesse per le vicende che hanno portato i suoi produttori fuori dal consorzio di tutela e il formaggio stesso al paradosso di non potersi più chiamare con il proprio nome.
Per chi non lo sapesse, infatti, dal 2005 il Consorzio di questo formaggio, prodotto nei mesi estivi sui pascoli della Valtellina, ha concesso ai propri aderenti l’uso dei mangimi al pascolo e dei fermenti lattici che standardizzano il gusto, innovazioni che i sedici produttori storici, aderenti all’Associazione Produttori Valli del Bitto, hanno rifiutato asserendo di non voler compromettere l’autenticità del proprio prodotto.
Dimessisi dal consorzio, i produttori del Bitto storico non hanno più il diritto di denominare il loro formaggio con il proprio e secolare nome che – si pensi – coincide con quello del fiume che percorre le due vallate d’origine, la Val Gerola e la Valle di Albaredo per San Marco. Un nome con cui, già nel 2003, l’associazione Slow Food creò uno dei suoi più prestigiosi Presìdi, a salvaguardia di una tradizione, di una metodologia produttiva (il latte viene trasformato immediatamente dopo la mungitura al pascolo e deve molte delle sue straordinarie peculiarità a questo fattore), di una biodiversità (il Bitto storico ha salvato dall’estinzione la capra di razza Orobica) e di una cultura straordinarie, assolutamente da proteggere e conservare.
Ma cosa chiedono oggi i produttori del Bitto storico? Semplicemente che la Dop del Bitto preveda una chiara distinzione e riconoscibilità delle due tipologie di Bitto: quello legato all’uso di mangimi e fermenti e quello fedele alle metodiche di produzione “classica”. L’intera realtà del Bitto ne godrebbe dei benefici, e i produttori storici tornerebbero a utilizzare una denominazione da sempre legata al loro prodotto e ai loro territori.
A chi voglia conoscere da vicino la realtà del Bitto storico e apprezzarne il gusto, la manifestazione in corso a Milano offre una serie di appuntamenti tra cui emergono la tavola rotonda del 25 aprile presso l’Umanitaria (ore 10.00, via San Barnaba 48) e il Treno del Bitto (domenica 26 aprile, Stazione Centrale di Milano alle ore 8.20) che in due ore condurrà nei luoghi d’origine per un pranzo in onore di questo straordinario formaggio, una visita ai locali di stagionatura e una degustazione guidata.
Sino al 9 maggio, inoltre, in una serie di osterie lombarde, in parte legate al mondo Slow Food e di ristoranti milanesi tra i più affermati (Aimo e Nadia, Joia, Sadler, tra gli altri) si terranno cene a tema il cui programma verrà qui pubblicato nei prossimi giorni, non appena gli organizzatori lo renderanno disponibile.
In concomitanza con l’evento, la condotta Slow Food di Roma organizzerà per lunedì 20 aprile il Gran Galà del Bitto, con la partecipazione dello chef Umberto Vezzoli, presso l’Hotel Intercontinental De La Ville di via Sistina 69 (18.30 degustazione verticale di Bitto; 20.30 cena; selezione dei vini della Nino Negri di Chiuro, in provincia di Sondrio).
Vere e proprie occasioni da non perdere per gli amanti della buona tavola e dei prodotti più autentici.
Per informazioni sulla manifestazione:
Roberto Silvestri roberto_silvestri_it@yahoo.it 333-4508761 (Slow Food)
Michele Corti corti_michele@fastwebnet.it 328-2162812 (Ruralpini)
Per informazioni sul Bitto storico:
Associazione Produttori Valli del Bitto (www.formaggiobitto.com) 334.3325366