Gran Manze cerca altri orizzonti: il Molise verso il “no” a Granarolo

Dopo essere entrata a gamba tesa nella questione ambientale per il suo progetto Gran Manze (nursery di 12mila giovani bovine, da allevare in Molise), Granarolo pensa bene ora di ricrearsi una verginità ecologica a colpi di marketing. E cosa di meglio, dal loro punto di vista, se non entrare nelle case degli italiani giorno dopo giorno con messaggi "ecologically correct" sulle buste del latte? Ma nulla!

Ne danno notizia le principali agenzie d'informazione italiane, a seguito di un'efficace azione stampa operata dalla cooperativa bolognese nei giorni scorsi. E così il web è invaso dalla buona notizia sulle "pillole antispreco" (messaggi brevi come un tweet: 140 caratteri), sull'"obiettivo di portare il consumatore a ridurre lo spreco alimentare" e chi più ne ha più ne metta. Una campagna mediatica (chi voglia saperne di più clicchi qui) di qualche utilità sociale (difficile cambiare le abitudini alimentari della massa, purtroppo!) ma soprattutto di tanta immagine. Proprio quel che serviva, adesso che sul fronte molisano (e in un sempre più vasto ambito ambientalista) la pressione sociale contro l'operazione Gran Manze, ha raggiunto livelli rilevanti (leggi qui e qui) e i primi risultati di qualche sostanza sono giunti, finalmente, dal consiglio comunale di Termoli, laddove nelle scorse settimane Regione Molise e Provincia di Campobasso non avevano saputo rispondere "no".

E pensare che proprio sul fronte dei media si erano mossi i vertici di Granarolo la settimana scorsa, ma con ben altro approccio (nessun clamore, pochi giornalisti invitati, zero strombazzamenti della notizia), per fornire la propria verità su quella che sarebbe la più grossa operazione in ambito zootecnico mai vista in Italia (12mila bovine in un'unica stalla!).

 

Le ragioni addotte dal presidente Gianpiero Calzolari, in sintesi, avevano rispedito ai mittenti tutti i dubbi, con argomenti un po' da libro Cuore: sull'impatto ambientale (non ci saranno deiezioni da smaltire ma del buon concime per l'agricoltura molisana), sul futuro del mondo rurale locale (i foraggi saranno acquistati tutti sul territorio), sull'occupazione, sul benessere animale e non solo (chi voglia documentarsi clicchi qui). Curiosa però la risposta a chi ancora gli abbia chiesto perché non farlo in Emilia quell'allevamento. La replica di Calzolari («da noi c’è la nebbia, e questo clima aumenta i problemi») non si è fatta attendere ma pare non aver convinto davvero nessuno.

 

Ad ogni buon conto, è probabile che l'azienda bolognese rivolgerà altrove i suoi propositi. Nella speranza di quanti, con a cuore una zootecnia rurale e sostenibile, che ogni altra regione veda nella reazione molisana il modello a cui ispirarsi. Laconico è apparso Calzolari, nel commentare la piega che la situazione ha preso: «Se la comunità ritiene che non sia compatibile con le sue esigenze di sviluppo, andremo altrove». Sempre che un "luogo altrove" per una simile prospettiva possa esistere. Noi ci auguriamo di no.

 

25 novembre 2013