Bitto storico e Slow Food contro le modifiche alla Dop

1° maggio 2009 – Lunedì scorso 27 aprile Piero Sardo (Fondazione Slow Food per la Biodiversità) e Paolo Ciapparelli (Associazione Produttori Valli del Bitto) hanno inoltrato alla Direzione Generale Agricoltura della Commissione Europea una “memoria ad opponendum” ; l’iniziativa riguarda l’ultima richiesta di modifica del disciplinare di produzione del Bitto Dop presentata dal Consorzio di Tutela Valtellina Casera e Bitto.

La memoria è stata presentata con l’assistenza dello Studio Legale dell’avvocato Luca Gastini del Foro di Alessandria a poco più di una settimana dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (avvenuta il 16 aprile scorso) delle nuove proposte di modifica del disciplinare. Dalla data della pubblicazione gli operatori degli Stati membri avranno facoltà, entro sei mesi, di avanzare eventuali opposizioni. Alla scadere di questo periodo le modifiche potrebbero essere approvate in via definita.

I termini per la presentazione delle opposizioni in ambito nazionale sono da tempo trascorsi ma i presentatori della memoria si rivolgono comunque alla Commissione Europea in quanto garante dell’applicazione delle procedure in materia di denominazioni di origini protette. Essi, infatti, fanno rilevare alcune supposte violazioni (da parte del Ministero della Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) della procedura di approvazione delle modifiche al disciplinare e, più in generale, delle norme comunitarie che giustificherebbero l’intervento discrezionale della Commissione stessa.

La Fondazione Slow Food per la Biodiversità e l’Associazione Produttori Valli del Bitto (di cui Sardo e Ciapparelli sono i rispettivi presidenti) rilevano, in particolare, come – a loro giudizio – la procedura seguita in ambito nazionale non abbia tenuto conto della natura sostanziale delle modifiche proposte e che, alle note di opposizione presentate in sede ministeriale dalla Associazione Produttori Valli del Bitto non siano seguiti atti formali di rigetto delle stesse corredati dalle relative motivazioni.

Nella memoria presentata dallo Studio Legale Gastini si sostengono le ragioni che inducono gli opponenti a ritenere che le modifiche proposte dal consorzio risultino di natura tale da alterare i presupposti di mantenimento nel tempo delle caratteristiche peculiari del prodotto e della costanza dei metodi di produzione (alla base della ragion d’essere stessa della Dop).   Non solo, ma portando a sostegno delle loro argomentazioni un’ampia documentazione tecnico-scientifica, sostengono che tali modifiche risulterebbero peggiorative, sia sotto il profilo delle caratteristiche organolettiche che della tutela dei pascoli e più in generale dell’ambiente di montagna e della biodiversità.

La memoria sottolinea come l’uso di un quantitativo di alimenti extra-pascolo (sono previsti sino a 3,5 kg di mais al giorno per vacca) in assenza di qualsiasi riferimento al fabbisogno alimentare dell’animale possa tradursi in un apporto di energia integrativa all’erba di pascolo superiore al 30%. Una soglia che – come dimostrano i dati sperimentali – può determinare significative alterazione delle caratteristiche del latte e del formaggio. L’uso del mangime, al di fuori di un vincolo di proporzionalità con il fabbisogno energetico dell’animale, deprimendo l’ingestione volontaria di erba e l’utilizzo del pascolo, favoriscono l’eccessiva presenza degli animali (e la concentrazione delle loro deiezioni) in alcune determinate aree (in prossimità dei punti di mungitura e distribuzione del mangime) e quindi il degrado sia di queste ultime che di quelle “periferiche”, che di conseguenza risultano insufficientemente pascolate.

Quanto alla facoltà, anch’essa voluta dal consorzio, di aggiungere al latte non meglio precisati “fermenti autoctoni”, la memoria fa presente che questa prospettiva, nella sua indeterminatezza, può determinare l’uso di innesti non idonei e tali da alterare le caratteristiche organolettiche e di attitudine all’affinamento. A tale proposito risulta curioso notare come gli studi finanziati dalla Regione Lombardia per individuare ceppi autoctoni idonei all’uso in funzione di innesti nella lavorazione del Bitto Dop siano ancora da attuare e di là da venire (previsti solo per il 2010).

in collaborazione con www.ruralpini.it di Michele Corti