È proprio vero: come dice il proverbio, non c'è pace per i troppo buoni. E i buoni di questa storia sono quelli del Silter, il formaggio prodotto nel territorio camuno-sebino, che dopo aver subìto in sede di pubblico accertamento lo sgambetto di alcuni produttori della bergamasca (che hanno presentato opposizione rivendicando l'inclusione nel disciplinare dei loro paesi: Castione della Presolana, Costa Volpino, Rogno e Songavazzo) adesso vedono spuntare l'ennesimo microcosmo caseario che in qualche modo allude ad imparentamenti con il Silter, il Bré, laddove Bré, in dialetto camuno nient'altro significa che Breno, paese di neanche cinquemila anime, in Valcamonica, sede della locale comunità montana.
Due casi diversissimi l'uno dall'altro, certo, ma entrambi – si badi bene – che accadono mentre di Silter si parla molto, come a voler trarre beneficio di una luce indiretta. Ovvero speculare.
Da una parte, ben che vada, si tratterà di veder allungato un iter per la Dop già durato abbastanza (oltre dieci anni), a causa di chi cerca di salire sul carro dei vincitori senza colpo ferire; dall'altra emerge il fastidioso atteggiamento di chi, pur avendo rinunciato a rimanere coeso al progetto del Silter (sino a pochi anni fa sugli alpeggi di Breno, al passo Crocedomini e sull'altipiano di Bazena, i produttori del Bré caseificavano Silter) cerca ora la sua autonoma strada ammiccando però al più noto formaggio, dopo averne preso le distanze.
Curioso come, in un articolo uscito sul Giornale di Brescia giovedì scorso (leggi qui) si parli del Bré come di un formaggio "ideato negli ultimi due anni, che parla di tradizioni" e aggiungendo che comunque "c'è scetticismo: in un territorio come quello di Breno, stretto tra chi produce il Bagòss e chi sta spingendo per la Dop al Silter, il Brè sembra una sorta di doppione".
9 dicembre 2013