È nuovamente allarme, in Molise, per gli sviluppi dell'affaire Gran Manze, dopo che nella seduta di venerdì scorso il Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), Presidenza del Consiglio dei Ministri, si è preoccupato di approvare sette contratti di filiera di competenza del MiPAAF, come ultimo atto del Governo Letta (un segnale chiaro per chi ritenga che questo progetto non stia a cuore a qualcuno nel "Palazzo"). Tra di essi compare quello relativo al “Rancho Gran Manze” di Granarolo, che tanta e giusta opposizione ha sinora trovato, in larga parte della popolazione del Basso Molise.
Nuove e sacrosante denunce e prese di posizione sono tornate nel frattempo a rimbalzare sulla stampa locale (da fine gennaio ad oggi) grazie anche all'impegno del Comitato "No Stalla, Sì Molise Bene Comune", a seguito della notizia secondo cui nel 2013 il Seminario di Larino avrebbe ceduto alla cooperativa bolognese i terreni necessari per l'insediamento, in Contrada Monte Arcano.
Interpellato a tale proposito dal blogger molisano Michele Mignogna, il vescovo di Termoli-Larino Gianfranco De Luca ha confermato (qui l'intervista) l'avvenuta cessione dei terreni alla Granarolo, specificando che la loro disponibilità «…è limitata… alla esclusiva presentazione del progetto… che una volta approvato dal Cipe dovrà essere giudicato idoneo e fattibile ed eventualmente deliberato dalla Regione e da quant’altri risulteranno istituzionalmente interessati al progetto stesso…». Come a dire "io ho fatto la mia parte, ma se qualcuno autorizzerà l'insediamento non prendetevela con me se ci saranno problemi, ché io non sono un tecnico e non ne so nulla". Un curioso atteggiamento davvero da parte di chi dovrebbe essere il buon pastore di una moltitudine di pecorelle indifese, e che oggi finge di non sapere, di non capire – o di non voler capire – che 12mila giovani vacche – e ribadiamo 12mila! – in un unico allevamento, con le loro deiezioni e nutrendosi di insilati e mangimi (e un po' di fieno locale, per accontentare l'occhio, ndr) non potranno non avere un rilevante impatto sull'ambiente.
Ma non solo. L'alto prelato, che in un altro passaggio dell'intervista insiste nel tentativo di scagionare sé stesso e Granarolo da "eventuali" responsabilità («…non possono essere scaricate su altri, né sulla Granarolo che penso abbia fatto una proposta legittima e tantomeno su di me, o chi per me, che ha solo reso possibile la presentazione di una simile proposta…»), tratta candidamente l'argomento attualmente più biasimevole dell'intera vicenda: quei terreni ad oggi sono tutt'altro che liberi, essendo stati concessi nel 2009 ad una cooperativa sociale, che in previsione dell'arrivo di Granarolo dovrà trovare un'altra collocazione alle proprie coltivazioni di ceci e ai propri uliveti («…conferiti da quattro anni, in comodato gratuito, alla cooperativa sociale Arcobaleno, sorriso di Dio e perciò sono funzionali al reinserimento sociale di persone che hanno avuto difficoltà nella vita…»). Evidentemente gli affari sono affari per tutti, e al bene delle proprie pecore si sostituisce quello di altri soggetti, che di pecore acquisiscono forse le sembianze, quando il caso lo richieda.
Ma tant'è, perché a svelare almeno in parte l'arcano che porta alla soluzione del caso (perché il vescovo ha detto "sì" e a chi?) circolerebbero ora le voci di una calorosa pressione esercitata dalla politica su monsignor De Luca. Quale politica? Una politica vicina alla cooperativa bolognese? Forse. Di certo una politica che sa muoversi tanto localmente quanto centralmente, se è vero com'è vero che i tempi e i modi dell'approvazione al Cipe risultano, anche agli occhi più ingenui, quantomeno sospetti.
Se a livello romano lo sdoganamento governativo appare come il via libera che l'operazione attendeva, nell'ambito locale si registra l'appello lanciato venerdì scorso dal Comitato "No Stalla, Sì Molise Bene Comune". "Un appello", riferiscono alcuni media molisani, fatto "alla Regione Molise, al Consiglio ed agli organi di governo, per convocare una seduta monotematica del suo massimo organo rappresentativo" al fine di "discutere la questione e decidere di rappresentare al Governo (il Governo centrale, ndr.) la sua contrarietà all’insediamento nel Molise di un progetto che gli nega il futuro".
La partita è ancora aperta ma tutt'altro che vinta: la società civile si oppone con tutti i mezzi leciti all'insediamento, e una parte della politica locale è al suo fianco. Non molti giorni fa, il 4 febbraio, il Consiglio provinciale di Campobasso ha approvato la mozione – avversa al progetto Gran Manze – presentata dal consigliere di Costruire Democrazia, Michele Durante. Ma l'impressione è che la parte peggiore della peggior politica lavori di buona lena e sottotraccia.
17 febbraio 2014