Dietro l’Fda l’industria gongola: nuovo giro di vite contro i formaggi a latte crudo

Appena qualche settimana fa se lo saranno chiesto in molti: le ultime scomposte e (ufficialmente) immotivate manovre dell'Fda (Food and Drug Administration, Usa) contro i formaggi artigianali dovevano pur avere una qualche ragion d'essere. Le schermaglie lanciate in giugno contro l'uso delle assi in legno nei locali di stagionatura (leggi qui), subito rientrate per la pronta e forte reazione popolare esplosa sul web (leggi quihanno trovato un nuovo affondo dopo la pausa estiva, attraverso la revisione dei limiti minimi ammessi per l'escherichia coli. Essi sono stati ridotti d'ufficio da 100 a 10 ufc/gr senza che nessuna motivazione sanitaria potesse essere addotta. In questo modo gli Usa estromettono dal mercato tutti i formaggi a latte crudo d'importazione, aprendo per i produttori interni una prospettiva difficile da prevedere, ma che di certo non sarà facile da affrontare.

Ai produttori stranieri il provvedimento apre la porta a complicazioni rilevanti. A partire dal blocco delle importazioni delle attuali produzioni, per finire con le complicazioni richieste a chi voglia rientrare nei parametri: nuove certificazioni, nuovi campioni nella (nuova) norma e – chissà che non accada – nuovi e vecchi artifici per chi in quei parametri debba – volente o nolente – rientrare. I dubbi si accavallano ai dubbi, l'incertezza domina e tra quelli che conoscono un po' i principali attori del mercato già si ventilano i possibili scenari futuri: "alcuni inizieranno a pastorizzare". È questo che si dice in giro.

Ma perché tanto accanimento sui formaggi da parte dell'ente statunitense, visto che – per dirne una – l'eschericha coli può contaminare altri generi alimentari come i prodotti da forno e le insalate? La motivazione ufficiale, con cui l'iniziativa è stata introdotta, dice che l'escherichia coli è un indicatore di qualità del livello igienico-sanitario di un produttore, vale a dire che se un alimento ne contiene alti livelli è probabile che sia anche il vettore di altri problemi sanitari. Visione assai strampalata di come si debba gestire il ruolo di salvaguardia della salute pubblica, visto che i formaggi, per la loro stessa genesi, naturalmente contengono una certa quantità di questo batterio, che d'altronde è comunemente presente nello stomaco degli esseri umani, senza il quale tale organo non riuscirebbe a digerire come invece riesce a fare.

Mentre i consumatori consapevoli degli Stati Uniti si interrogano sul futuro del "formaggio giusto", si registrano le prime clamorose reazioni. Come quella di uno dei produttori più popolari del Wisconsin – la Uplands Cheese Ltd – che ha annunciato la decisione di interrompere la produzione del proprio formaggio di punta, il Rush Creek Reserve. Nell'annunciare la non facile decisione, il comproprietario dell'azienda Andy Hatch ha rilasciato alla stampa questa laconica dichiarazione: «I funzionari della sicurezza alimentare sono stati quantomeno imprevedibili nella loro recente decisione sui formaggi molli a latte crudo, e sinché non verranno date indicazioni chiare e coerenti, siamo costretti ad interrompere la loro produzione».

22 settembre 2014