Cacio e salute: quello “dell’erba” il migliore. Lo si dirà a Cagliari?

Forse è la prima volta che un Festival della Scienza si rende accogliente ai temi della produzione casearia. Succede – o meglio succederà – a Cagliari giovedì 6 novembre prossimo, e non ci si deve stupire che questo accada proprio lì, in una terra che fonda le sue origini sul Pastoralismo, che nel novembre del 2006, con il Canto a Tenores, ha ottenuto il riconoscimento di Patrimonio Intangibile dell'Umanità.

Più recente è la storia – se così la si può chiamare – dell'industria casearia sarda, che nel tempo ha sovrapposto la propria attività – e non sempre in modo indolore – a quella del mondo rurale, in un percorso che ha avuto come tappe cruciali dapprima la ricerca genetica (il cosiddetto "miglioramento di razza", avviato a metà degli Anni '30 in Sardegna, leggi qui), che portò la razza ovina locale a produrre più latte rispetto alla sua natura (un latte che ora "pesa" meno in termini di resa casearia), poi a partire dagli Anni '60 l'introduzione delle mungitrici pneumatiche e il sempre maggior utilizzo di mangimi (per incrementare le quantità, ndr) hanno spianato un'autostrada ideale che da allora congiunge stabilmente gli ovili di molti pastori alle fabbriche dei trasformatori. Che a dirla tutta trasformano spesso a giorni alterni, e di certo mai a crudo né a caldo (i due fattori che, partendo da un buon latte, garantirebbero qualche qualità reale, in termini nutrizionali). Da allora cisterne su cisterne trafficano ogni giorno e senza tregua i nastri d'asfalto e le strade sterrate, prelevando e pagando spesso il latte un prezzo irrisorio (i pastori hanno più volte ventilato la costituzione di un cartello degli industriali per mantenere il prezzo basso, senza mai ricevere soddisfazione, ndr) e traendo dalla sua trasformazione la gran parte degli utili.

Ma come è stato possibile tutto questo? Semplice, molto più semplice di quanto si possa credere: è accaduto né più né meno quel che è accaduto nel settore del latte vaccino: animali iperproduttivi, più mangimi che un tempo (o solo mangimi) rispetto all'erba, e il gioco è fatto: il latte scivola così da elemento di ricchezza locale quale ancora può essere, se il pastore lo trasforma in proprio, legato alla flora del territorio e alla sua biodiversità e diventa una commodity industriale come il ferro o il rame.

A porlo su questo piano è – se si alimenta prevalentemente a mangimi – la perdita dei contenuti dell'erba polifita, del pascolo spontaneo, della macchia mediterranea che hanno in sé i micronutrienti utili per il consumatore: un ideale rapporto Omega3/Omega6 (tendente a 1), beta-carotene, un maggior apporto di vitamine A ed E. Oltre al Cla (acido linoleico coniugato) di cui tanto oggi si parla. Portandolo sul piano della commodity la globalizzazione è servita, e il latte locale diventa uguale al latte spagnolo, portoghese, francese, e chi più ne ha più ne metta. Dove il latte ha il prezzo più basso, l'industriale lo compra – si sa, sono leggi di mercato – o più spesso con la sottintesa spada di Damocle di poterlo acquistare là, tiene bassi i prezzi della materia prima locale.

Parlavamo prima di micronutrienti utili, e di quanto il latte prodotto a suon di mangimi ne contenga assai pochi. La problematica è stata affrontata negli ultimi anni dapprima dall'Università di Pisa, poi da quella di Cagliari, con sperimentazioni compiute in origine in Maremma, poi nell'isola sarda. I ricercatori hanno messo da subito gli occhi sui semi di lino, introducendoli nella dieta delle lattifere. Superate in qualche modo le prime problematiche relative al rumine (che essendo fatto per ruminare erba mal sopporta eccessi di integrazioni a base di semi), la ricerca ha prodotto anni fa i primi buoni risultati, tant'è che una collaborazione tra l'università del capoluogo sardo e il locale Ospedale Brotzu (ne parlammo anni fa: leggi qui e qui) ha permesso di licenziare una soluzione buona per l'industria. Che non ha tardato a mettere le mani sull'opportunità che gli si presentava: quella di inserire dei prodotti "salutistici" nel proprio catalogo. Il marketing poi fa il resto, portando luce riflessa sul resto delle produzione.

Ma il nodo della faccenda è che se l'industria – una parte dell'industria – ha messo le mani su quest'opportunità, il suo prodotto "salutistico" si può fregiare di ottimi livelli di Cla, sì, ma solo di quello, perché Omega3/Omega6, beta-carotene, vitamine e altro ancora resteranno all'incirca quelli di sempre e di gran lunga inferiori a quelli del pastore che alimenta prevalentemente ad erba.

La morale che dovremo trarre da questa situazione è elementare, perché – laddove il pastore abbia una conduzione all'antica, basata sulla somministrazione di erba, fieni locali e poche integrazioni – è il suo prodotto quello che dovremo preferire. Il pastore non sa cosa sia il marketing, ma i consumatori consapevoli, sempre più informati, sapranno fare le loro scelte.

Nella speranza che l'incontro di Cagliari arrivi a dire questo e altro attorno a tali tematiche, e a fare chiarezza su argomenti spesso liquidati dai giornali in base ai comunicati stampa aziendali, invitiamo i nostri lettori che potranno farlo a partecipare. Il programma dell'evento si presenta così, secondo quelli che sono stati i comunicati ufficiali, che riportiamo volentieri e per dovere di cronaca:

Festival Scienza 2014 “La scienza ci aiuta”
Cagliari – Sala Polifunzionale del Parco Monte Claro
6 novembre 2014 ore 18:00-19:45

Tavola rotonda "Est modus in casus – I formaggi sardi, tra tradizione culturale e innovazione scientifica"
"Il cibo è scienza ed arte insieme: scopo della conversazione è rendere noto lo stato dell'arte della produzione casearia sarda contemporanea, dimostrando come da un lato attinga alla lunga e blasonata tradizione di produzione, dall'altro sia proiettata verso il futuro e le innovazioni, attraverso la ricerca di nuovi prodotti che vengano incontro alle diversificate esigenze del mercato e ai mutati stili di vita ed alimentari: i formaggi a basso contenuto di lattosio o ricchi di Cla (acido linoleico coniugato) o con caglio vegetale sono gli esempi più eclatanti di un modo nuovo di produrre. Per queste innovazioni la scienza svolge un ruolo fondamentale. Ne discutono insieme esperti, produttori, cultori dell'arte e della scienza casearia".

Interverranno in qualità di relatori:
Alessandra Argiolas (Argiolas Formaggi) su "I formaggi arricchiti con Cla"
Michele Cuscusa (Fattorie Cuscusa) su "I formaggi a caglio vegetale"
Giovanni Antonio Sanna (Promocamera e Anfosc Logudoro) su "Anfosc in Sardegna"
Stefano Lai (imprenditore del settore) su "S'Axridda di Escalaplano" ("s'axridda" è l'argilla con cui nel paesino dell'Ogliastra viene ricoperto il formaggio, secondo gli usi locali)
Stefano Olla (Slow Food) su "L'analisi sensoriale dei formaggi"
Michele Cherchi (Fratelli Cherchi) su "Il mercato dei formaggi"

La presenza di Giovanni Busia (Azienda Su Grabiolu), previsto per un intervento su "I formaggi a basso contenuto di lattosio" è stata di recente aggiornata con quella di Giuseppe Cugusi (Azienda Sa Marchesa), sull'oggetto del cui intervento non è dato sapere ancora nulla.
Curatrice e coordinatrice dell'evento, l'antropologa Alessandra Guigoni.

Seguirà una degustazione di formaggi sardi.

Scheda / Il Festival della Scienza di Cagliari
Il Festival della Scienza di Cagliari è giunto alla sua settima edizione. Quest'anno saranno oltre cinquanta gli ospiti accolti per raccontare la scienza con una ricca varietà di linguaggi; settantotto gli appuntamenti in programma,  ventidue le postazioni  tra laboratori e percorsi botanici e naturalistici, e infine otto le realtà museali e di ricerca aperti al pubblico in occasione del festival. Dura sei giorni, dal 4 al 9 novembre 2014, scanditi da conferenze, dibattiti, tavole rotonde, incontri con la musica e con la poesia, spettacoli, animazioni per una totale immersione nella fisica, nella matematica, nelle scienze naturali e biologiche, nella chimica, nell’astronomia e altri campi del sapere legati a queste discipline come lo sport, la medicina, la bioetica, l’ecologia. L’edizione numero sei del Festival ha registrato circa quattordicimila persone, superando le presenze dei precedenti anni.

20 ottobre 2014