Senza il presidio di molti territori marginali, si sa, il nostro bel Paese sarebbe un poco meno bello: i prati-pascolo, che oggi immaginiamo (e usiamo) come ideale contesto per una bella scampagnata – e che spesso derivano dalle buone pratiche di pascolamento – sarebbero degli impraticabili e assai meno gradevoli gineprai. Per fortuna di tutti c'è ancora chi alleva in maniera sana i propri animali, praticando la zootecnia estensiva per una parte dell'anno, evitando loro un'alimentazione a base di concentrati e mangimi. E a noi dei formaggi insalubri.
Come spesso accade però, anche questa faccenda ha il suo rovescio della medaglia: se ci mettiamo a guardare con occhio appena un po' critico certi panorami rurali non sarà difficile trovare qualche elemento disarmonico con il totale della scena osservata; dal capanno messo su chissà come all'abbeveratoio ricavato con una vecchia vasca da bagno, ad una costruzione rurale, in pietra, il cui il tetto di lastre ha lasciato il posto a quello di bandone.
Antiestetismi che qualcuno ha deciso finalmente di sanare, almeno in parte, a cominciare dalle vasche da bagno, che magicamente scompariranno dagli alpeggi della Val Camonica. Ne ha dato notizia lunedì scorso il sito web del Giornale di Brescia (leggi qui) raccontando del progetto, lanciato dal Parco dell'Adamello e a cui le amministrazioni comunali e i malghesi interessati sono stati invitati a partecipare. L'iniziativa, legata alla presentabilità che i pascoli dovranno avere in vista di Expo 2015, prevede la sostituzione di dette vasche con dei piccoli abbeveratoi, rimovibili dopo l'uso.
Il Parco dell'Adamello era stato già protagonista nel corso dell'anno di un'altra iniziativa per il riassetto del territorio rurale, con il finanziamento per il riordino dei muretti a secco presenti nel territorio rurale che naturalmente possono subire le ingiurie del tempo e degli agenti atmosferici. E che per nessun motivo devono essere rimpiazzati – com'è accaduto altrove – con muretti in cemento armato.
Apprendendo notizie come queste le speranze non possono che essere almeno due: che dopo l'Expo queste sensibilità rimangano vive in chi amministra i fondi destinati al settore, e che queste iniziative prendano piede anche in altre regioni d'Italia. E anche senza Expo.
3 novembre 2014