La Montana State University (Msu) e la North Dakota State University hanno presentato nei giorni scorsi i risultati di uno studio interdisciplinare durato due anni e condotto utilizzando in un'azienda agricola biologica greggi di pecore in alternativa alle attrezzature agricole più comunemente impiegate per la gestione delle coperture vegetali. L'intento era quello di sperimentare delle pratiche alternative ad interventi quali l'aratura, che inducono alterazioni dello stato dei terreni.
L'uso degli ovini nell'azienda biologica – è questa una delle prime evidenze della ricerca – consentirebbe di ridurre i costi della gestione agricola, il rischio di erosione del suolo e i tempi e i costi di alcune lavorazioni in campo. I ricercatori delle due università hanno affrontato lo studio consci del fatto che molte lavorazioni meccaniche sono ritenute causa dell'impoverimento della struttura del suolo, responsabili nella riduzione della materia organica, e assai problematiche soprattutto per le aziende biologiche.
«C'è una grande criticità nella moderna agricoltura biologica», ha sottolineato il professor Perry Miller, esperto in Risorse del territorio e scienze ambientali della Msu, «che riguarda l'erosione del suolo, legata direttamente alle eccessive lavorazioni del terreno. Questo studio si propone di affrontare tale vulnerabilità: abbiamo progettato un sistema che ci permette di utilizzare il pascolamento per ridurre le lavorazioni di oltre il 50%».
La presenza in azienda delle pecore fornirebbe ai terreni il concime naturale a costo zero e aiuterebbe nella gestione della vegetazione di copertura e nell'eradicazione delle infestanti. Secondo gli studiosi statunitensi, inoltre, gli agricoltori potrebbero ottenere anche qualche tornaconto economico, affittando ai pastori i terreni per far pascolare le loro pecore. A loro volta, i pastori potranno garantire ai propri animali una buona alimentazione naturale e biologica, innescando una collaborazione virtuosa di utilità davvero reciproca. In questo modo e nel tempo le lavorazioni del terreno potrebbero essere notevolmente ridotte, con rilevanti vantaggi per la ricchezza del suolo.
«L'uso delle pecore come strumento centrale in un sistema agro-pastorale come questo», spiega il professor Patrick Hatfield, esperto di Scienze animali alla Msu, «è determinante in quanto con esse la gestione agro-economica è possibile in una prospettiva olistica».
La ricerca, a cui si fa riferimento sul sito web dell'Msu (clicca qui) si è rivelata fortemente orientata a soddisfare il numero crescente degli agricoltori interessati a recuperare l'equilibrio del complesso ecosistema naturale che spesso è stato perduto nel privilegiare il particolare (le specifiche produzioni aziendali) sacrificando ad esso la complessità che l'azienda agricola rappresenta. I produttori virtuosi di domani saranno quindi quelli che riusciranno a far quadrare al tempo stesso sia la produttività che la sostenibilità aziendali.
Lo studio, che è tutt'altro che fine a sé stesso, assumerà presto le sembianze di un progetto itinerante, che coinvolgerà altre Università, altre fattorie ed altri territori degli Stati Uniti. Dove, oltre ad utilizzare i fondi stanziati per la ricerca, si prova, è evidente, ad innescare concretamente nella realtà la necessaria interazione tra studiosi e operatori, al fine di introdurre poi "in campo" gli auspicati cambiamenti.
30 marzo 2015
Per maggiori informazioni potete scrivere a:
Patrick Hatfield, animal scientist; e-mail: hatfield@montana.edu
Perry Miller, agro-ecologist; e-mail: pmiller@montana.edu
Anton Bekkerman, agricultural economist; e-mail: anton.bekkerman@montana.edu
Su YouTube è disponibile (clicca qui) il video "Msu organic farming study finds diverse benefits"