Anni di rivendicazioni e di tensioni – tra Bitto storico e Bitto Dop – svaniscono come d'incanto nel segno di una pace "spintanea" e di comodo, voluta ai piani alti del Pirellone e accettata per il quieto vivere. Arriva l'Expo e la Regione Lombardia decide di sfoderare i rari gioielli residui giunti a noi grazie alla determinazione di pochi resistenti (resistenti agli insulti della politica e ai fautori dei "miglioramenti" industriali) determinati a conservare il passato e consegnarlo al futuro, arricchito da un'aura di leggenda che è figlia di tante sacrosante battaglie.
Una mossa, quella dell'amministrazione regionale lombarda, che lascia intendere quanto i nostri governanti sappiano dei tanti prodotti perduti a causa del troppo lassismo (e di qualche interesse) nell'adattare i disciplinari di produzione alle richieste dei sistemi industriali. Una politica che nell'asservimento ai poteri forti ha portato alla perdita di un'infinità di piccoli e autentici prodotti agroalimentari, e questo per la bramosia di dare spazio a produzioni di massa che nulla hanno a che fare con il territorio (quanti insilati e mangimi; quanti fermenti!) se non dal punto di vista delle loro sedi ufficiali. E delle deiezioni. Anche in questo senso il caso del Bitto appare esemplare, perché c'è da chiedersi: quanti altri straordinari formaggi avrebbe avuto la sola provincia di Sondrio se non si fossero indotti i casari delle Magnuca (Val Chiavenna e Valle San Giacomo), delle Scimuda e dei semigrassi d'alpe (Bormio, Livigno) a fare il Bitto "moderno", ovvero il Dop?
Bene, anzi male, perché, "in attuazione dell’accordo firmato lo scorso 10 novembre a Gerola tra il Consorzio Salvaguardia Bitto Storico e il Consorzio Formaggi Valtellina Casera e Bitto, con l’intervento e la condivisione della Camera di Commercio di Sondrio, è stato ufficializzato che il Bitto sarà protagonista ad Expo". Lo ha reso noto la Camera di Commercio del capoluogo valtellinese, che attraverso le parole del suo presidente Emanuele Bertolini, ha annunciato che «un’eccellenza valtellinese, quella del formaggio Bitto, sarà presente in modo permanente all’Interno di Expo2015», «rispettando l’accordo del 10 novembre scorso tra Slow Food, il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico e il Consorzio di tutela Valtellina Casera e Bitto, con l’intervento della Camera di Commercio di Sondrio». «Di fatto vince», ha concluso Bertolini, «la strategia di presentarsi ad Expo Milano 2015 in maniera coesa per promuovere insieme il territorio valtellinese, le sue eccellenze e le filiere di qualità».
"Il Bitto e il Valtellina Casera", prosegue il comunicato della Camera di Commercio di Sondrio, "saranno presenti all’interno di Expo quali formaggi testimonial, proposti in degustazione ai visitatori del padiglione di Slow Food (e il dubbio è lecito, allora: a cosa servono i Presìdi?), rispettivamente per tre settimane e per una settimana nel mese di maggio". Secondo quanto comunicato da Slow Food, è previsto un afflusso giornaliero nell’ordine di 2-3mila visitatori per le degustazioni e, nel complesso, di 6-7mila visitatori all’interno dello stand (di 3.200 mq, ndr).
La collaborazione tra le parti non si limiterà alla sola occasione dell'Expo: anche al Cheese di Bra (18-21 settembe) il Bitto storico e il Bitto "moderno" saranno presenti sotto ad uno stesso tetto. Al di là degli inevitabili vantaggi per il Bitto Dop di poter godere di luce riflessa, speriamo che i ribelli (celebrati l'altroieri al Muse di Trento) sappiano restare duri e puri ancora e molto a lungo.
La parola ai produttori storici
Dal canto loro, i produttori "storici" hanno voluto puntualizzare attraverso le parole di Paolo Ciapparelli che «con la ratifica della Camera di Commercio di Sondrio e della Regione Lombardia l'accordo sancisce l’esistenza di due Consorzi, legittima il nome “Storico”, riconosce il patrimonio che noi abbiamo salvato e, soprattutto, lo indica come modello per il futuro dell’agroalimentare valtellinese».
«Detto questo», prosegue Ciapparelli, «pur nella legittima aspirazione a veder superata una situazione di incertezza circa la posizione giuridica dello “storico” e di arrivare ad una “normalizzazione” non vi è alcun elemento che lasci supporre che si sia accettato un accordo al ribasso e, tantomeno, una resa».
Di una cosa noi siamo certi: che al di là degli accordi ufficiali, voluti dalle istituzioni e accettati per il quieto vivere, il mercato alla lunga capirà, perché il tempo è galantuomo e la condotta dei ribelli non darà adito ad alcun cambio di rotta. La gente inizia a capirlo e soprattutto a dirlo fuori dai denti, come ha fatto proprio al Muse di Trento il presidente dell'Ais Trentino, Mariano Francesconi. Che rivolgendosi ai centocinquanta sommelier presenti e riferendosi al Bitto storico ha definito il suo caso come «l’unico in Italia in cui le istituzioni abbiano dovuto abbassare la testa». Un riconoscimento anche questo alle mille e dure battaglie degli "storici" per il mantenimento di una produzione che a tutt'oggi è integra ed esemplare come nessun altra.
13 aprile 2015