È un impegno durato sin qui oltre un secolo, quello dei Colantuono di Frosolone, in provincia di Isernia: quello di mantenere viva la cultura della transumanza orizzontale, conducendola sino a noi a spese proprie. Sempre a costo di enormi sacrifici, spinti dalla viscerale passione e dall'alto senso civico e sociale di perpetuare il rito collettivo del migrare, con le mandrie di bovini di razza Podolica, razza identitaria per eccellenza del nostro Meridione che incarna alla perfezione lo spirito libero di questa civiltà, così autenticamente antica e moderna al tempo stesso.
Nell'essere e nel fare dei Colantuono c'è il più integro dei modelli agroecologici che la zootecnia oggi possa concepire. Nulla di studiato a tavolino, s'intende, ma a guardar bene è proprio la loro, l'ideale organizzazione dell'allevamento di bovine da latte. Che grazie alla rusticità della razza allevata – adatta a vivere all'aperto per 365 giorni l'anno – e alle sue quotidiane consuetudini, non può che produrre partendo dall'erba (raramente fieno, negli inverni più rigidi, in caso di neve), e con l'erba (rare e modeste le integrazioni) allevare la mandria. Una zootecnia che oseremmo definire "pura" se solo per un attimo il pensiero va al mondo in cui viviamo e alle stalle lager di cui oggi tanto si parla (per le sofferenze animali, l'inquinamento e l'insalubrità dei prodotti). E che quarant'anni fa neanche avremmo potuto concepire.
"Trecento bovine in cammino per 180 chilometri e quattro giorni", così iniziavano a titolare già una settimana fa decine di quotidiani per presentare l'ennesimo trasferimento dai pascoli di San Marco in Lamis – dove il clima garantisce l'ideale svernamento – sino alla Montagnola molisana, nel territorio di Frosolone, in cui la mandria è approdata giovedì scorso 28 maggio. Lungo il percorso, ricco di attraversamenti suggestivi, di paesaggi mozzafiato e di guadi – affascinante quello del fiume Biferno – mandriani e bestiame sono stati accompagnati da una popolazione più numerosa e festante rispetto agli anni scorsi, con il popolo dei fotografi e dei videoamatori sempre più presente e partecipe.
Sono appena rientrati nella loro terra, nelle loro case, ricongiungendosi con le proprie famiglie, i Colantuono, ed è già tempo di guardare al futuro, perché grandi e importanti sono le iniziative e le prospettive per loro e per tutto il Molise, a cominciare dalla partecipazione ad Expo 2015, nella settimana che va dal 17 al 23 luglio, a tirar su l'immagine e le sorti di una regione troppo spesso dimenticata. A dispetto delle ragguardevoli e potenziali risorse di nuova meta turistica, che di fatto non sono state mai valorizzate, a causa di una politica regionale che sin qui è apparsa sinanco ostile al mondo rurale (sino a rischiare la bomba ecologica con i 12mila capi del progetto Gran Manze, sfumato appena un anno fa, leggi qui) e che d'ora in avanti sarà bene che in questo riesca a ravvedersi. L'occasione appare unica: quella di invertire una tendenza ma non in modo occasionale bensì in maniera definitiva, e di dare così ad altre regioni, anch'esse troppo attardate, l'indicazione di una nuova strada da seguire, che – a guardar bene – più antica non c'è.
Infine, e un po' sullo sfondo ma non più di tanto, c'è la prospettiva più ricca – e ora concreta – che l'Unesco possa approvare il progetto di cooperazione transnazionale “Vie e Civiltà della Transumanza Patrimonio dell’Umanità”, attraverso cui tra un anno la pastorizia transumante potrebbe fare il suo ingresso tra i suoi "beni immateriali". Un sogno che se dovesse arrivare ripagherebbe in parte i grandi sacrifici e l'alto valore sociale di una famiglia di semplici allevatori a cui ora in molti dovranno guardare per quel che è: un riferimento da seguire, senza "se" e senza "ma".
1° giugno 2015